Glastonbury Festival, 26 giugno 2022. Un Kendrick Lamar in versione messianica, con in testa una corona di spine e il sangue colante, termina la performance di Savior, brano contenuto nel suo ultimo album, Mr. Morale & The Big Steppers, urlando queste parole:
They judge you, they judge Christ
Godspeed for women’s rights!
Pochi giorni prima, negli Stati Uniti, era stata presa una decisione in grado di sconvolgere da subito la vita di moltissime donne. Un incredibile passo indietro, in 50 anni di storia. La risposta di Kendrick Lamar è solo l’inizio di una protesta in verità attesa.
L’economia, come spesso accade e stavolta più che in passato, è al centro dei pensieri dei cittadini statunitensi che a novembre voteranno alle elezioni di metà mandato. È una premessa doverosa, per sgombrare il campo da possibili equivoci. Così come è noto che di solito appuntamenti di questo tipo non premiano l’inquilino della Casa Bianca. Eppure uno dei risultati della decisione della Corte Suprema di annullare il diritto all’aborto nel paese, guarda caso proprio ora che siedono in maggioranza sei giudici conservatori, tre dei quali nominati dall’ex presidente Donald Trump, è stato quello di ricompattare l’elettorato democratico attorno ad una specifica, fondamentale questione. I sondaggi delle ultime settimane hanno registrato un potenziale recupero dem, anche se non abbastanza per evitare una probabile sconfitta (poi andranno valutate le diverse combinazioni di Camera e Senato, le elezioni statali, eccetera eccetera). I sondaggi meno sfavorevoli ai democratici dipendono da più cose, ma è un fatto che il diritto all’aborto sia un argomento, non solo oltreoceano, estremamente serio e polarizzante. Cosa c’entra la musica con tutto ciò? La musica c’entra sempre.
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Da quando la Corte Suprema, il 24 giugno di quest’anno, ha ribaltato la Roe v. Wade – la sentenza del 1973 con cui venne riconosciuta la garanzia federale del diritto all’aborto negli Stati Uniti –, il tema è cresciuto in termini di rilevanza e potrebbe pesare non poco sulle scelte di voto alle elezioni di metà mandato dell’8 novembre. Il presidente Joe Biden, per primo, ha spinto parecchio in questo senso, ricordando in diverse occasioni agli elettori che, arrivati al punto in cui si trovano, è opportuno mandare al Congresso rappresentanti – democratici – intenzionati a ripristinare quantomeno le tutele della Roe v. Wade. Fin qui, infatti, negli Stati Uniti non è mai esistita una legge univoca, semmai era il precedente del ‘73 a imporre il vincolo federale, condizione che ha presto trasformato il dibattito da ostico a proibitivo: la solita faccenda dell’America polarizzata. A maggior ragione, adesso, i singoli Stati possono andare in ordine sparso, con enormi differenze tra quelli a trazione repubblicana e quelli a guida democratica. Di conseguenza, in ordine sparso, ci vanno pure le contromisure. Ad agosto i cittadini del Kansas hanno respinto tramite referendum la norma che avrebbe altrimenti impedito l’accesso alle interruzioni di gravidanza; di contro in West Virginia l’aborto è vietato quasi del tutto e anche il Texas, quanto a restrizioni, peraltro introdotte prima del ribaltamento della sentenza, di certo non scherza; pochi giorni fa i giudici dell’Ohio e dell’Arizona hanno temporaneamente bloccato le leggi statali che sanciscono il divieto. Negli Stati liberal come la California, invece, si lavora ad un possibile allargamento del diritto e altri referendum sono ora in programma. Insomma, la decisione della Corte Suprema – chiamata a valutare una legge del Mississippi che scavalcava la Roe v. Wade – ha contribuito a ridisegnare la mappa del paese, ampliando le già evidenti (e sparse) fratture sociali.
L’esito della consultazione in Kansas è una notizia interessante riguardo la diffusione di opinioni favorevoli al diritto di aborto, circostanza messa in luce dai sondaggi condotti alla vigilia della pronuncia della Corte Suprema. La vicinanza politica ad un partito anziché all’altro resta però un tratto caratteristico. Secondo il Pew Research Center, il 56% degli elettori registrati lo considera un tema centrale per le elezioni midterm, in aumento dal 43% di marzo. Ma questo risultato non dice granché: la sentenza sembra avere smosso soltanto le coscienze dei sostenitori democratici, che dal 46% di marzo – tra coloro che la vedono così – sono passati al 71% dei mesi successivi, mentre i pareri degli elettori repubblicani, attenti soprattutto alle questioni economiche, sono rimasti all’incirca gli stessi di allora (40-41).
Ad ogni modo le reazioni sono state molteplici. Petizioni online e manifestazioni pubbliche, persone comuni e star dello spettacolo: ognuno ha voluto fare la sua parte. Restando nel nostro ambito di competenza, l’alzata di scudi l’indomani del ribaltamento della Roe v. Wade è stata di primo piano: da Alicia Keys a Lizzo, da Megan Thee Stallion a Latto, da Janelle Monaé a Jazmine Sullivan, passando infine per Eminem (ma la lista potrebbe proseguire a lungo).


Qui si esaurisce la vicenda? Neanche per sogno. L’universo hip hop non è un blocco monolitico, come non lo è l’elettorato nero in generale. Diversi artisti di christian rap non hanno mai fatto mistero delle loro certezze in materia e i monologhi di Kanye West, ai tempi della sua sgangherata corsa alle presidenziali 2020, non sono gli unici strali anti-aborto cui abbiamo potuto assistere. Ci sono infatti studi, spesso provenienti da ambienti vicini ai movimenti cosiddetti pro-life, che analizzano testi anti-abortisti, un tentativo di dimostrare la presunta vicinanza dell’hip hop alle istanze a loro più care. Sono due i casi immancabili nelle indagini: Abortion di Doug E. Fresh del 1986 e Real Killer di Tech N9ne del 2001.
The prettiest thing besides your wife
Is having the privilege to make new life
How can you kill your only daughter or son?
If God wanted you to lose it, it would’ve been done– Doug E. Fresh & The Get Fresh Crew, Abortion, 1986
She wanted to have it, but I made her do the same shit
So I murdered five kids of mine
I’m ‘bout to sit in hell a lifetime bid for mine
Cause of abortion (No more)
Abortion, now it’s blown out of proportion
Insane... Never again– Tech N9ne, Real Killer, 2001
Quando si affrontano discussioni del genere, benché delicate, l’errore ricorrente è quello di non considerare le sfumature, le implicazioni personali, il dolore. È in questo senso che l’hip hop – emanazione della black experience in America – esprime tutto il suo potenziale interpretativo, rifiutando le situazioni accomodanti. Quello di Jean Grae, ad esempio, è il dettagliato racconto di una decisione sofferta, tramutata poi in rimorso.
My primitive mind was struggling
Just to understand the meaning of life, forgive me [...]
So I traveled alone, young, sixteen got in the habit of not stayin’ at home
Doing the sad walk like
Bill Bixby, a dollar fifty
Trips to the hospital so that Medicaid could fix me
I couldn’t eat shit. I fainted frequent. On cold floors and I pause and I think, Peep it
I’m lost, my four friends know
And just fuck at the boys’ apartments for rent, so
I’m all wishin’ that it’s a dream ending soon
I’ve actually erased a lot that I’ve been through– Jean Grae, My Story (Please Forgive Me), 2008
Un brano che sembra la sliding door di Lauryn Hill, dieci anni prima.
Unsure of what the balance held
I touched my belly overwhelmed
By what I had been chosen to perform
But then an angel came one day
Told me to kneel down and pray
For unto me a man-child would be born
Woe this crazy circumstance
I knew his life deserved a chance
But everybody told me to be smart
“Look at your career”, they said
“Lauryn, baby use your head”
But instead I chose to use my heart– Lauryn Hill, To Zion, 1998
Il 75% dei neri americani si dice comunque a favore della legalità dell’aborto. È tanto più probabile che dove è vietato, a subirne le conseguenze siano principalmente le donne che vivono in condizioni di fragilità. Dai dati dei Centers for Disease Control and Prevention, relativi al 2019, emerge che le donne nere sono il segmento demografico con il tasso di aborto più alto nel paese, ma sono anche quelle che incontrano più difficoltà nell’assistenza alla maternità e alla salute riproduttiva, lasciandosi dietro una lunga scia di stereotipi e cliché. Dunque non stupiscono le recenti iniziative volte a sensibilizzare le frange più conservatrici, che proprio alla Corte Suprema sono in qualche misura rappresentate – con tutti i se e i ma del caso – dal giudice Clarence Thomas.
Nel 1972 Sammy Davis Jr., che fino a quel momento non aveva nascosto le proprie simpatie per i repubblicani, partecipò alla raccolta fondi per le difese legali di Angela Davis, che politicamente parlando era distante anni luce da lui. L’artista originario di Harlem la spiegò in questo modo: «Condivido qualcosa di più delle sue convinzioni politiche. Condivido la sua blackness». Poiché l’accesso ai servizi di aborto sicuro è innanzitutto diritto alla salute delle donne, attiviste e attivisti provano a mediare con un approccio simile a quello che ha sempre contraddistinto l’esistenza di Sammy Davis Jr. – una sorta di connivenza di idee e azioni apparentemente in contrasto tra loro –, allungando la natura del “conflitto morale” che influenza i giudizi degli scettici oltre gli steccati delle fazioni politiche o religiose: oggi è questo ad essere minato; domani potrebbero toccare altre libertà civili, quali il matrimonio o il voto.
A 30 anni dalla sua pubblicazione La Femme Fetal dei Digable Planets resta un manifesto della libertà di scelta.
“You remember my boyfriend Sid, that fly kid who I love?
Well, our love was often a verb and spontaneity has brought a third
But due to our youth and economic state, we wish to terminate
About this we don’t feel great, but baby, that’s how it is
But the feds have dissed me
They ignored and dismissed me
The pro-lifers harass me outside the clinic
And call me a murderer, now that’s hate
So needless to say, we’re in a mental state of debate”
“Hey, beautiful bird”, I said, digging her somber mood
“The fascists are some heavy dudes
They don’t really give a damn about life
They just don’t want a woman to control her body
Or have the right to choose
But baby that ain’t nothin’– Digable Planets, La Femme Fetal, 1993

Now the baby’s in the trash heap, bawlin’
Mama can’t help her, but it hurts to hear her callin’
Brenda wants to run away
Mama say “You makin’ me lose pay
There’s social workers here every day”
Now Brenda’s gotta make her own way
Can’t go to her family, they won’t let her stay
No money, no babysitter, she couldn’t keep a job
She tried to sell crack but end up gettin’ robbed
So now, what’s next? It ain’t nothin’ left to sell
So she sees sex as a way of leavin’ hell
It’s payin’ the rent, so she really can’t complain
Prostitute found slain, and Brenda’s her name
She’s got a baby– Tupac, Brenda’s Got A Baby, 1991
C’è ancora un non detto in questa storia. Comprende uno degli effetti del razzismo sistemico, una commistione di eventi che ha indebolito progressivamente le famiglie nere. Lo status economico precario – bassa intensità di lavoro e redditi da fame –, i servizi insufficienti nelle aree urbane considerate ad alto rischio, il fenomeno dell’incarcerazione di massa, l’epidemia di crack – dentro possiamo metterci un po’ di tutto – hanno contribuito in maniera più o meno diretta ad aumentare i divari delle due Americhe. Inoltre l’insieme di questi fattori ha alimentato dannosi stereotipi nei confronti delle madri single e dei figli cresciuti in contesti non convenzionali. Per quanto si siano registrati miglioramenti negli ultimi anni – e anche il mito del padre assente sta ormai decadendo –, il 64% dei bambini neri vive in famiglie monoparentali. L’intero sistema è modellato sulle differenze razziali, che a loro volta sono alla base di pregiudizi e ritardi strutturali osservabili entro un perimetro ben definito. Perciò anche l’accesso all’aborto sicuro, nella sua inevitabile interconnessione, è tanto nella forma, quanto nella sostanza, una questione razziale.
Started my life in an old, cold, rundown
Tenement slum (Tenement slum)
My father left, he never even married Mom
I shared the guilt my mama knew
So afraid that others knew I had no name– Diana Ross & The Supremes, Love Child, 1968
Altre cose interessanti
In Georgia – dove i repubblicani contano di riprendersi il seggio del senatore Raphael Warnock ottenuto nell’elezione speciale del 5 gennaio 2021 – un episodio legato al tema aborto sta compromettendo la campagna elettorale, già abbastanza controversa, del candidato proprio del GOP, nonché leggenda locale del football, Herschel Walker. Il Daily Beast ha riferito di un’ex ragazza pagata da Walker più di dieci anni fa per abortire. Lei ha mostrato al giornale le prove delle sue affermazioni, lui ha negato la parte più spinosa della storia. Durante i suoi comizi Walker si è espresso contro l’aborto, senza contemplare alcuna eccezione. Il candidato repubblicano ha in seguito reso nota l’intenzione di citare in giudizio il Daily Beast (qui la versione del Washington Post). Lo scorso anno l’artista christian hip hop Lecrae, tra i più quotati e vincitore di Grammy, si è dovuto difendere dagli attacchi di attivisti di destra per la sua esibizione ad un evento a sostegno di Warnock, colpevole, quest’ultimo, di essersi definito un «pastore pro-choice».
Altra decisione importante (in vista delle midterm). Il presidente Biden ha annunciato l’eliminazione del reato federale di possesso di marijuana, quindi le pene di circa 6.500 persone condannate tra il 1992 e il 2021. Una misura dall’impatto alquanto simbolico (Biden ha infatti esortato i governatori a fare altrettanto sul piano statale: le stime dei detenuti per la tipologia di reato sono molto più alte), che a un mese dal voto potrebbe mobilitare soprattutto giovani e minoranze. O forse no, staremo a vedere. La relazione tra weed culture e hip hop è significativa ed è l’ennesimo tassello delle due Americhe, al di là del processo di legalizzazione avviato – tra vari stop and go – da qualche anno.
Su Kanye West se ne potrebbero dire tante, vero. Ma ci eravamo ripromessi di non cadere nel tranello di commentare ogni sua provocazione, per cui accontentatevi di questo.
Per gli appassionati di dissing nell’era dei social media, Diddy e Ma$e continuano ad accusarsi reciprocamente. Ah, i bei tempi della Bad Boy…
Il riferimento a Sammy Davis Jr. non è stato casuale. Come riportato dalla NPR, tra gli altri, in questo articolo del 2009, il presidente Richard Nixon – sulla sua amicizia con Davis si speculò molto in quegli anni – commentò privatamente nel 1973 la sentenza Roe v. Wade della Corte Suprema, ritenendo l’aborto giustificato nei casi di stupro o di gravidanze interrazziali, anche se l’ordine non era esattamente questo. Tanto dovevo.
Eccoci ai saluti. Su Spotify è pronta la playlist ufficiale di Mookie, con dentro i nuovi brani. Domande? Suggerimenti? Potete rispondere alla mail, oppure scrivermi su Instagram o su Twitter. Se Mookie vi piace, mandate il link alle amiche e agli amici: più siamo, meglio è!
Ci leggiamo tra due venerdì, a presto!