Io Snowfall non l’avevo ancora mai vista. Di fatto ero in ritardo su tutte le stagioni, essendo la serie uscita la prima volta nel 2017. Non che la cosa mi interessasse davvero. L’avevo inserita tra i contenuti preferiti – dopotutto era tra i suggerimenti di Disney+ (in precedenza era andata in onda su Sky) –, ma niente mi aveva spinto anche solo a dare una sbirciatina. All’inizio di quest’anno è successo che Skyzoo, insieme a The Other Guys, ha pubblicato The Mind Of A Saint, un album tematico completamente ispirato a Snowfall (il protagonista della serie, interpretato da Damson Idris, si chiama Franklin Saint, il che spiega il gioco di parole) e allora ho iniziato a incuriosirmi di più. Negli stessi giorni mi sono poi accorto, via social, di altri rapper gasatissimi per l’arrivo della stagione conclusiva, la sesta, che negli Stati Uniti è stata trasmessa da febbraio ad aprile: a quel punto ho pensato di non avere scuse, dovevo perderci del tempo. È finita che un episodio ha tirato l’altro e nell’arco di qualche settimana ho recuperato tutte e cinque le stagioni ad oggi disponibili in Italia. La serie racconta dell’invasione di crack a Los Angeles all’inizio degli anni ‘80, ma da molteplici punti di vista (c’è anche un coinvolgimento indiretto della CIA nell’ambito della guerra dei contras in Nicaragua), non per forza racchiusi nella più classica delle rappresentazioni gangsta. Nel suo progetto, Skyzoo indaga i sentimenti del personaggio più carismatico, nella prospettiva di una realtà che in parte ha avuto modo di osservare, crescendo negli anni dell’epidemia di crack a New York.
Straight drop! Pieces of a kilo over stove top
Swimming in a pot, add ice, let it cold lock
Split with you and yours, two $5s get a whole rock
Razors cut a cool 20 Grand off a soap block
(Drop!) new gospel like I’m standing on a soap box
Tell them spread the word baby, Franklin got a dope spot
I mean it ain’t dope but it’s dope like how dope locks
Everything up in you till the ticket on your soul drops
Most fear what they don’t understand
The coast clear baby open your hands, I see you’re interested
Rumors got you eager to dance, you need a stem with it
You can thank me in advance, don’t even mеntion it
Started on consignment, black market is black bargain– Skyzoo, Straight Drop, 2023
L’algoritmo aveva ragione e io avevo torto.
Come anticipato la scorsa settimana, siamo arrivati in quel momento dell’anno in cui ci salutiamo per l’estate e vi svelo cosa ho visto, letto e ascoltato fin qui (ovviamente tra le cose che, tanto o poco, possono avere a che fare con la newsletter). Tra qualche settimana si celebreranno i 50 anni dell’hip hop (in realtà si è cominciato da un pezzo, ma il principio di tutto viene fatto risalire all’11 agosto del 1973). Se dalle nostre parti non si è parlato molto di questo importante traguardo – per nulla scontato – è perché di riflessioni sull’hip hop, alcune brillanti, altre meno, se ne trovano un sacco in giro. Temo che qualsiasi parola in più non aggiunga granché alla discussione – semmai aumenta il rischio di risultare prevedibili –, anche perché si tratta ora di un movimento globale e in continua evoluzione. Sarebbe più giusto, invece, lasciare spazio a chi lo vive nella quotidianità e non ingolfare il dibattito. Del resto, su Mookie, di hip hop ce n’è già parecchio, ma ci sono anche altri generi musicali, c’è tanta America e nel 2023 la dimensione del movimento travalica i confini statunitensi. Poi, certo, lì sono più attenti alla ricorrenza che altrove, come è normale che sia. Il punto è che amo studiare le storie legate all’hip hop, amo ascoltarlo, ma viverlo – viverlo sul serio, intendo – è un altro paio di maniche. Questa è soprattutto la festa di chi ha fatto l’hip hop, ogni giorno. Perciò buon Hip Hop 50.
Ciao! Qui Mookie, una newsletter di Fabio Germani che tratta di America in relazione al rap e alla musica nera. Per contribuire a questo umile progetto basta poco, un like, una condivisione, il passaparola: ogni vostro piccolo gesto può essere incredibilmente utile. Grazie!
E adesso, sigla!
Anche The Chi è una serie che avevo dapprima accantonato. Cominciata nel 2018 e prodotta, tra gli altri, da Common, affronta i conflitti generazionali nel South Side di Chicago, tra vicende di strada, questioni di vita o di morte, storie di cadute rovinose e di redenzione. Il primo episodio della prima stagione si apre con Chance The Rapper in sottofondo: la scelta musicale è varia, ma molto si gioca in casa (lo stesso Common, Noname, Vic Mensa, eccetera…). Al contrario non saprei quanto consigliare Swarm, ancora non ho capito dove si attesti il mio personale indice di gradimento, ma in generale qualsiasi idea uscita dalla testa di Donald Glover merita un minimo di fiducia. Il prossimo “impegno” sarà I’m a Virgo di Boots Riley, qui recensito dall’amico Lapo Gresleri. Da non perdere, infine, la docuserie 1619 Project, se si è già apprezzato negli anni passati il lavoro complessivo della giornalista Nikole Hannah-Jones, le relative polemiche politiche e tutto il resto.
Nei primi anni Duemila, quella che è stata poi ribattezzata the blog era, ha significato tanto in termini politici e sociologici. Ha avvicinato le persone, grazie alla rete, in un modo che mai prima di allora si era verificato allo stesso ritmo. L'attitudine pionieristica dell’hip hop ha fatto sì che proprio in quegli anni, guarda caso, la cultura e il movimento abbiano avuto un impulso su scala globale. Fu, in generale, una “rivoluzione dolce”, ma con conseguenze sulle nostre vite (non sempre positive) che si possono osservare ancora oggi. Direi che è abbastanza per ascoltare il podcast degli ItsTheReal, The Blog Era, no?
La scorsa settimana è uscito il nuovo capitolo di quello che ormai è un duo di fatto, Nas e Hit-Boy. Così è successo che Magic 2 – questo il titolo del nuovo album, il quinto in tre anni – abbia monopolizzato l’attenzione di tutti, offuscando Everybody Good? di Black Milk, quotato produttore e rapper di Detroit (uno dei tanti eredi di J Dilla), uscito in modo un po’ inusuale il giorno prima, di giovedì. Quest’ultimo è un graditissimo ritorno e l’album racchiude in pratica tutti i generi, dal rap al rock, dal soul al funk stile anni ‘70, coinvolgendo gente del calibro di Karriem Riggins e Raphael Saadiq. Ad essere onesti stupisce chi si stupisce – nel 2023! – della commistione rap-rock, come se i due generi fossero completamente avulsi. Infatti, giusto per confermare le prime impressioni, Let’s Start Here di Lil Yachty rimane uno dei migliori dischi del 2023 (so far, come dicono oltreoceano). Fin qui è mancato il “momento Kendrick Lamar”, ma Killer Mike, se si è amanti dei contenuti alti nell’hip hop, ci è andato quasi vicino.
One generation don’t listen to Nas / Don’t listen to rap (Abracadabra, da Magic 2): in compenso questo è uno dei momenti più smargiassi dell’anno. Resta un gradino sotto – facciamo due – HOV DIIIID! del 2022, ma ci siamo.
rum.gold ha pubblicato un album a fine aprile – U Street Anthology – che, non saprei dire bene perché, è passato sottotraccia dalle nostre parti. La cover del disco è una famosa fotografia di Marion Palmi, In the Shadow of the Capitol (1948), raffigurazione eloquente del rapporto che storicamente la comunità nera ha con la capitale degli Stati Uniti, Washington DC, in quanto rappresentativa di tutte le contraddizioni che hanno a lungo animato il paese (mentre gli schiavi neri costruirono i palazzi delle istituzioni americane). Washington, però, è anche la città di origine di rum.gold, con la quale cerca una riconciliazione da estendere alle sue esperienze di vita. «Ogni volta che c’è una storia che si svolge, c’è più di una storia che si svolge».
«Ogni volta che c’è una storia che si svolge, c’è più di una storia che si svolge» è una breve citazione da Musica è storia di Questlove, libro che non può mancare sotto l’ombrellone. A partire dal 1971, e fino ai giorni nostri, il fondatore dei The Roots utilizza la musica quale unità di misura per contestualizzare i momenti storici più importanti. La stesura del libro ricorda i saggi di Hanif Abdurraqib, dove sembra mancare un filo conduttore e soltanto all’ultimo si capiscono le reali intenzioni dell’autore. Nel testo c’è un passaggio in cui mi sono identificato perché descrive il me diciottenne che inizia ad approcciare sul serio a questa musica (non che voglia mettermi sullo stesso piano di Questlove, sia chiaro). È quando sviscera l’arte del campionamento, ammettendo di aver conosciuto i Meters, «la leggendaria band funk di New Orleans», tramite Ice Cube nel 1990: «Lessi il nome del gruppo nelle note di copertina e avrei senza dubbio potuto andarmene in giro facendo finta di avere sempre avuto i Meters nella mia tasca posteriore, ma quello si chiama bluffare [...]». Per poi concludere, dopo aver passato in rassegna gli Ohio Players, i Faze-O e gli EPMD:
Non avrei scoperto nessuna di queste cose, né avrei potuto contestualizzarle come parte del tessuto storico musicale, se non mi ci avesse portato l’hip hop, e un campionamento in particolare. Il quale faceva luce su ciò che era venuto prima, e quella luce riusciva a illuminare passato, presente e futuro.
Inizio…
…e fine:
I don’t wanna talk about the world right now
Or talk about a revolution right now
I just wanna think about the good times baby
When I get a moment to slow things down
Home
Always keep you with me, you’re my
Home and you– KAMAUU, home, 2023
Altre cose interessanti
Verrà istituito un nuovo memoriale per Emmett Till. Io ed Elena Milanesio abbiamo raccontato la sua storia in una puntata di Mookie.
Mentre vengono riaperte le indagini sul suo omicidio (1996), è stato venduto da Sotheby’s, per un milione di dollari, un anello che Tupac indossò durante la sua ultima apparizione pubblica. Il gioiello era stato progettato dallo stesso Tupac e la vendita è avvenuta nell’ambito di un’asta dedicata ai 50 anni dell’hip hop.
Ancora Hip Hop 50. Un bellissimo speciale del New York Times.
Chuck D per Sinéad O’Connor:
Suona molto “Kanye West”, ma il nuovo di Travis Scott, UTOPIA, al primo ascolto sembra davvero potente.
Dunque, finisce un’altra stagione di Mookie. Vi ringrazio per il sostegno, i suggerimenti e le belle parole che avete speso per la vostra amichevole newsletter di quartiere. Torneremo a settembre, carichi e pronti ad avvicinarci alle presidenziali del 2024. Anche la playlist di Mookie è pronta: a voi non resta che premere il tasto play. Per il resto: domande? Suggerimenti? Potete rispondere alla mail, oppure scrivermi su Instagram, su Twitter o su Notes. Se Mookie vi piace, mandate il link alle amiche e agli amici!
Passate un’ottima estate. A presto e state bene!