Southern trees bear a strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root
Black bodies swinging in the Southern breeze
Strange fruit hanging from the poplar trees– Billie Holiday, Strange Fruit, 1939
Soltanto un anno fa, peraltro di questi tempi, gli Stati Uniti si sono dotati di una legge che riconosce il linciaggio quale crimine d’odio a livello federale. C’è voluto più di un secolo – i tentativi sono stati nell’ordine delle centinaia – prima che il Congresso riuscisse ad approvare una misura del genere. Certo: si tratta perlopiù di una legge dal valore ormai simbolico, ma le finalità non vanno trascurate, soprattutto quando determinati eventi si ripresentano, ciclicamente, in tutta la loro disumanità. Il provvedimento è stato ribattezzato Emmett Till Antilynching Act, in onore di Emmett Till, un ragazzo di 14 anni di Chicago, che nell’estate del 1955, nella regione del Delta del Mississippi dove era in vacanza dai parenti, venne dapprima prelevato in casa con la forza, poi torturato e ucciso da un gruppo di uomini bianchi.
La NAACP – National Association for the Advancement of Colored People – definisce linciaggio l’uccisione pubblica di un individuo privato di un giusto processo. Erano forme estreme di violenza, spiega l’organizzazione, che i bianchi adottavano nel XIX e XX secolo per terrorizzare e controllare i neri, specie negli Stati segregazionisti del Sud. La Tuskegee University ha documentato 4.743 linciaggi avvenuti tra il 1882 e il 1968 (di questi 3.446 ai danni di persone nere). La Equal Justice Initiative presenta dati che differiscono di poco, ma risalire al numero esatto è pressoché impossibile mancando un registro formale, perciò è molto probabile che le cifre siano ad ogni modo sottostimate.
Emmett Till fu una vittima della violenza impunita del tempo. La colpa – secondo i resoconti più accreditati – fu quella di aver fischiato alla proprietaria bianca del negozio in cui era entrato insieme ai cugini nonché moglie di uno dei suoi futuri aguzzini. La tipica spacconata da adolescente di città che vuole mettersi in mostra davanti agli amici di campagna. La vicenda suscitò clamore anche per il coraggio di Mamie Till-Bradley, la quale pretese, al rientro della salma a Chicago, di tenere la bara aperta durante i funerali e ancora per i due giorni successivi, cosicché il mondo potesse vedere cosa erano stati capaci di fare al figlio, il cui corpo straziato presentava ora un volto sfigurato e irriconoscibile. I due uomini coinvolti nel processo per l’uccisione del giovane, Roy Bryant e J. W. Milam, vennero assolti da una giuria di soli bianchi della contea di Tallahatchie.
Del caso Till, che diede un impulso fondamentale alla lunga stagione del movimento per i diritti civili, se ne sta riparlando abbastanza proprio in questo periodo per via della recente uscita di un film che ne ripercorre alcune delle tappe più significative. Da segnalare, inoltre, la pubblicazione a inizio anno del libro del reverendo Wheeler Parker, cugino di Till e ultimo testimone vivente del suo rapimento: A Few Days Full of Trouble. Parlando con la NPR, Parker ha ricordato di avere trascorso il resto della sua esistenza con «il senso di colpa del sopravvissuto», ma questo incessante stato emotivo lo ha anche spinto a realizzare progetti utili a non disperdere la memoria storica dell’accaduto.
I can’t believe I can’t get over my fear, oh-oh
They’re gonna send me over the hill
Ah, the moment of truth is near, oh
They’re gonna send me over the hill, oh no– D’Angelo and the Vanguard, 1000 Deaths, 2014
La figura di Emmett Till divenne presto un riferimento culturale dell’America nera. Importante fu la copertura mediatica degli avvenimenti che si susseguirono: ad esempio il magazine Jet pubblicò le fotografie scattate al funerale, una novità per gli Stati Uniti e per il mondo, 57 anni prima di Trayvon Martin. Quando nel 2018 il dipartimento di Giustizia annunciò l’apertura di una nuova indagine sul caso (la stessa indagine venne poi chiusa nel 2021, con un nulla di fatto), un sondaggio YouGov rilevò che una larga parte degli intervistati riteneva la decisione una buona idea, a conferma di come l’evento, nella sua drammaticità, abbia segnato nei decenni la coscienza collettiva statunitense.
Con noi, come in una specie di featuring, in questa puntata ci sarà Elena Milanesio, appassionata e studiosa di cose americane. Nel 2022 Elena ha visitato i luoghi dell’omicidio Till, annotando sensazioni e testimonianze di persone ancora oggi alle prese con un passato tanto ingombrante. Le voci e il materiale raccolti nella regione del Delta (e in Francia, vedremo in conclusione) le hanno permesso di sviluppare un ampio dossier pubblicato sul suo blog Ele Storie Americane, tra i consigli di lettura di Mookie.
Ciao! Questa è Mookie, una newsletter che tratta di America in relazione al rap e alla musica nera. Se la cosa vi piace, like, condivisioni e passaparola sono un piccolo gesto, ma davvero importante.
Nel 2013 i dirigenti della Mountain Dew conclusero un accordo di sponsorizzazione che legava Lil Wayne all’azienda. La mossa maturò su pressione della famiglia di Emmett Till a causa di un verso del rapper, contenuto nella versione remix di Karate Chop di Future, giudicato troppo irrispettoso (Wayne chiederà poi scusa). Era già successo che l’hip hop tirasse in ballo la figura di Till, spesso, come vuole la tradizione tropologica del rap, per indicare qualcosa di diverso dal significato originale o in alternativa un sacco egoriferito. And just imagine how my girl feel / On the plane scared as hell that her guy look like Emmett Till, dice l’esordiente Kanye West in Through the Wire, quasi paragonando la sua faccia gonfia, dopo l’incidente che poteva costargli la carriera, a quella del giovane ucciso nel Mississippi. Nel 2011 fu invece la volta di The Game, in un mix di sensibilità sociale e argomentazioni profane.
Remind me of Keyshia gettin’ shot down while she was feedin’
Her baby in the projects, I’m ‘posed to be proud of Compton?
I’m just glad me, DeMar, and Brandon made it outta Compton
I put on for my city like Jeezy say
Iron out my red rag just for Free Weezy Day
And since they did Oscar Grant like Emmett Till
Crack the Patron seal– The Game, The Kill, 2011
Nell’estate del ‘55 Emmett Till intraprese la “rotta del blues”, però al contrario. Se in quel periodo musicisti formidabili – gente tipo Muddy Waters, Howlin’ Wolf o B. B. King – abbandonavano il Delta e le aree adiacenti per raggiungere soprattutto Chicago, ma anche altre città, lasciandosi alle spalle il lavoro nei campi e le leggi Jim Crow, Till giunse dalla metropoli dell’Illinois a Money, nel Mississippi, per passare gli ultimi scampoli d’estate con i cugini. Quello che in alcun modo era stato previsto, era il viaggio di sola andata.
Well my home’s in the Delta
Way out on that farmer’s road
Now you know I’m living in Chicago
And people, I sure do hate to go
Now you know I’m leaving here in the morning
Won’t be back no more– Muddy Waters, My Home Is in the Delta, 1964
Emmett era un figlio della grande migrazione, per nulla avvezzo alle regole del Sud, nonostante le raccomandazioni della madre prima della partenza. Di lui cantò Bob Dylan, nel 1962, preceduto da una poesia di Langston Hughes, apparsa sul The Chicago Defender pochi mesi dopo l’omicidio.
‘Twas down in Mississippi not so long ago
When a young boy from Chicago town stepped through a Southern door
This boy’s dreadful tragedy I can still remember well
The color of his skin was black and his name was Emmett Till
Some men they dragged him to a barn and there they beat him up
They said they had a reason, but I can’t remember what
They tortured him and did some things too evil to repeat
There were screaming sounds inside the barn
There was laughing sounds out on the street– Bob Dylan, The Death of Emmett Till, 1962
Gli autori materiali del delitto, abbiamo visto, riuscirono a farla franca. In compenso, a pagare al posto loro, sono state le persone che si sono ritrovate a dover affrontare un passato che è estremamente difficile da cancellare. Come un maleficio che nelle opere di fantasia si abbatte sull’intera comunità.
ELENA. Quando sono partita per questo viaggio sapevo che avrei voluto scovare più luoghi possibili legati alla storia di Emmett Till. Non è stato semplicissimo trovare subito tutte le coordinate. Ho pensato fosse legittima la volontà di riuscire ad andare avanti e non continuare ad essere associati unicamente a questa vicenda: l’omicidio è successo quasi settant’anni fa. Come spesso accade ai luoghi conosciuti solo ed esclusivamente per storie di cronaca nera, c’è la necessità di chiudere quel capitolo e promuoversi per altre risorse. Mi sbagliavo, per ben due motivi. Il primo è che la storia di Emmett Till è ancora viva al punto da sfumare i confini storici: il 1955 improvvisamente ti ricorda che non è un’epoca poi così lontana. Secondo: non ci sono altre risorse.
Sono riuscita ad incontrare e a parlare con più di una persona legata ai diversi enti e associazioni che si occupano di mantenere viva la memoria e ho capito che hanno ancora un gran bisogno di parlare, di fare in modo che la storia venga conosciuta il più possibile. Sono ancora in attesa di ricevere un qualche segnale di giustizia.
Oggi nelle small town coinvolte – chiamarle piccole città non renderebbe l’idea di quanto piccole siano davvero – vivono le nuove generazioni delle famiglie implicate nella vicenda, bianche e nere. A partire da metà anni 2000, quando si è formata la Emmett Till Memorial Commission, cioè la prima organizzazione volta a proteggere l’eredità della sua figura, è contemporaneamente iniziato un processo di riconciliazione tra le parti. Molto lento e anche molto difficile. La popolazione nera è ancora piena di rabbia perché per loro, in questi ultimi settant’anni, le cose non sono cambiate come ci si aspetterebbe. Dall’altra parte molti dei bianchi sono eredi di famiglie a quel tempo importanti che esercitavano in pieno il loro potere, spesso abusandone. Tuttavia, qualche spiraglio c’è: per esempio la nipote dei Whitten – la famiglia di avvocati che si occupò della difesa degli assassini Milam e Bryant – è tra le persone più attive e coinvolte in questo processo di riconciliazione.
I miei sentimenti sono duplici: da una parte è commovente e rassicurante vedere così tanto impegno e coinvolgimento da entrambe le parti. Dall’altra stiamo parlando di un’area vicino al collasso economico; la maggior parte delle persone vive di gran lunga sotto la soglia di povertà. E ovviamente in questo gruppo la quasi totalità è nera. Non c’è alcuna prospettiva di ascesa sociale. È palpabile, visibile. Basta guardarsi intorno per capirlo. E quando si vive in povertà è difficile fare pace con il proprio presente, figuriamoci con il passato.
Emit light, rap, or Emmett Till
I drew a line without showing my body, that’s a skill– Rapsody, Nina, 2019
ELENA. La situazione attuale nella regione è frutto dell’eredità lasciata dalle specificità legate alla sua geografia. Anche dopo la fine delle leggi Jim Crow, il sistema di mezzadria garantiva ingenti ricchezze alle famiglie bianche proprietarie di piantagioni. Mano a mano che il progresso industriale e tecnologico si è fatto strada, il lavoro dei neri nei campi è diventato sempre meno necessario. I bianchi ricchi, con i loro soldi e le loro possibilità, sono migrati altrove lasciando quest’area in balia di sé stessa: povertà a cui si è aggiunta l’assenza di prospettiva di un altro lavoro. Mentre guidavo dal sud verso il nord del Mississippi non potevo fare a meno di commentare, miglio dopo miglio: «È una discesa all’inferno». Se il Mississippi è povero, il Delta è ancora a un altro livello di povertà.
La sensazione è che qui essere bianco o essere nero ha ancora un significato preciso, molto, ma molto di più che altrove. Quando Emmett stava partendo per il Mississippi, tra le tante raccomandazioni di mamma Mamie, la più importante fu ricordargli che ogni volta avesse incontrato un bianco, avrebbe dovuto rivolgere un saluto accompagnato dalle formule ma’am o sir. Quando ho visitato il museo di Sumner, a guidarci nel breve tour c’era una giovane donna, molto preparata e felice di ascoltare le mie domande a cui rispondeva aggiungendo ma’am. Mi ha fatto riflettere: in una normale conversazione verrebbe usato un paio di volte al massimo, in questo caso sempre. Mentre non è successo nulla di simile, per esempio, in altri Stati del Sud come l’Alabama, o la Georgia.
Alabama’s gotten me so upset
Tennessee made me lose my rest
And everybody knows about Mississippi, goddamn– Nina Simone, Mississippi Goddam, 1964
Stereotipi a non finire. Mamie li ha sfidati con tenacia e coraggio. Il padre di Emmett, Louis Till, non ha potuto. Forse vittima di un sistema votato al razzismo anche al di fuori dei propri confini, il cattivo nome di Louis è stato usato, in senso letterale, durante le controverse fasi processuali.
ELENA. Le armi utilizzate dalla difesa sono state le più basse a cui si può anche solo pensare di ricorrere. Basti pensare che nella loro tesi il corpo ritrovato non solo non era quello di Till, ma molto probabilmente si trattava di un corpo messo ad arte dagli esponenti della NAACP che seguivano il processo, con l’intento preciso di creare disordini. Subito dopo sono ricorsi alla più classica delle tattiche: curiosare nei fatti di famiglia.
Mamie, di suo, era una madre single, divorziata al secondo matrimonio. Gli esponenti della NAACP, che l’hanno guidata e sostenuta durante tutto il processo, l’avevano preparata all’eventualità, permettendole di affrontare a testa alta anche queste ulteriori offese. Louis Till invece non era più in vita. Non poteva difendersi o difendere l’innocenza del figlio. Di quest’uomo si sa veramente poco. Cresce come orfano, giovanissimo si sposa con Mamie, ma non si rivela né un buon padre, né un buon marito. La donna lo denuncia per violenze domestiche e il giudice, dal momento che il paese era in uno stato di emergenza, gli offre un’alternativa alla prigione: partire per la guerra. Approda con la sua uniforme di soldato semplice in Italia e qui dopo poco viene condannato per stupro e omicidio.
La legge marziale prevedeva la condanna a morte. Fu giustiziato ad Aversa e il suo corpo, oggi, dopo svariati giri, si trova nel Plot E – quello destinato a chi è morto in guerra con disonore – del cimitero americano di Oise-Aisne in Francia, poco lontano da Parigi. Lo scrittore John Edgar Wideman quando ha scritto l’unico libro disponibile sulla storia di Louis, ha richiesto di poter accedere al suo dossier militare. Qui ha scoperto da alcune note scritte a margine che il fascicolo era stato desecretato nei primi giorni di quel settembre del 1955. Non un caso certamente: la difesa degli imputati nel processo per l’omicidio di Emmett ne approfittò per giocarsi la nota carta dello stereotipo dell’uomo nero in cui scorre l’incontrollabile desiderio per la donna bianca che, essendo a lui irraggiungibile, può ottenere solo con la violenza. Quindi un male ereditario, uno stigma ben consolidato già quarant’anni prima dalla pellicola The Birth of a Nation.
Non potremo mai stabilire con certezza la posizione di Louis Till nei fatti accaduti in Italia. Quello che mi ha intristito è stato vedere dove si trova adesso, a migliaia di chilometri di distanza da dove è nato e vissuto, in un luogo che lo tiene nascosto punendolo all’infinito, con una piccola pietra come lapide che riporta appena un numero e che, il giorno della mia visita, era anche l’unica sporca di terra. Si dice che siamo tutti migliori della cosa peggiore che abbiamo fatto, ma a quest’uomo non è stata mai concessa una seconda possibilità.
Nobody wins when the family feuds
We all screwed ‘cause we never had the tools
I’m tryna fix you
I’m tryna get these niggas with no stripes to be official
Y’all think small, I think Biggie
Y’all whole pass is in danger, ten Mississippi
Al Sharpton in the mirror takin’ selfies
How is him or Pill Cosby ‘posed to help me?
Old n***** never accepted me
New n***** is the reason I stopped drinkin’ Dos Equis
We all lose when the family feuds
What’s better than one billionaire? Two– JAY-Z, Family Feud, 2017
Da Emmett Till ad Ahmaud Arbery, di sicuro molto è cambiato. Eppure è frustrante constatare quanto lento sia il cambiamento e quanto lavoro resti da portare a termine.
ELENA. Un fatto così brutale oggi verrebbe punito sia in un’aula di tribunale, sia dall’opinione pubblica. Ma sappiamo anche che, seppur in forme diverse, crimini ugualmente odiosi continuano ad essere commessi. Fatti simili non rappresentano più la normalità, ma una piaga sociale che la maggioranza vuole e sa di dover contrastare.
Chi ha saputo spiegare molto bene l’evoluzione del razzismo statunitense, a mio avviso, è l’avvocato e attivista Bryan Stevenson. Utilizzando le sue parole, oggi il demone assoluto è la disparità economica, il divario tra ricchi e poveri. Molti di coloro che stavano appena bene, ora, complici le crisi che abbiamo attraversato, sono scesi sotto la soglia di povertà. Quando ti trovi al limite delle tue possibilità economiche, aumenta il rischio di rimanere intrappolati in un sistema vizioso, comprensivo delle storture della giustizia penale. La curva di crescita dei prigionieri nelle carceri americane osservata negli anni è impressionante. Tra questi ci sono innocenti o persone che in generale non hanno avuto accesso ad un processo equo. Il più delle volte, neanche a dirlo, sono neri.
A loro, alle famiglie e ai figli, continuerà ad essere negato l’accesso ad un ascensore sociale. Continueranno ad essere ai margini della società, vittime di dinamiche più moderne, ma non diverse da quelle risalenti a settant’anni fa. C’è ancora parecchio da fare.
Together we’ll be strong, but forever we divide
So y’all are blowin’ my high
Type of shit that’s killin’ my vibe
White kids are brought in alive
Black kids get hit with like five
Get scared, you panic, you’re goin’ down
The disadvantages of the brown
How in the hell the parents gon’ bury their own kids
Not the other way around?
Reminds me of Emmett Till
Let’s remind ‘em why Kap kneels– Nas, Cops Shot the Kid, 2018
La scorsa settimana il Delta è stato colpito da un tornado che ha provocato diverse vittime e ingenti danni alle abitazioni (spesso case mobili), in particolare a Rolling Fork (il fenomeno ha interessato anche alcune contee della Georgia, dell’Alabama e del Tennessee). Rolling Fork è una città a maggioranza nera di circa duemila anime, situata nella contea di Sharkey e famosa quasi unicamente per essere il luogo di origine di Muddy Waters. Qui – ricorda il New York Times – un quinto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
Puntata lunga, per molti aspetti difficile da mandare giù. A maggior ragione, dunque, ringrazio tantissimo Elena Milanesio per i preziosi contributi. E naturalmente vi invito a seguire Elena su Instagram e a leggere il suo blog, sempre ricco di spunti interessanti dagli Stati Uniti.
Anche la playlist di Mookie è pronta: a voi non resta che premere il tasto play. Domande? Suggerimenti? Potete rispondere alla mail, oppure scrivermi su Instagram, su Twitter o su Mastodon. Se Mookie vi piace, mandate il link alle amiche e agli amici!
Ci leggiamo tra due venerdì, a presto!