Quando si è cominciato a vociferare, alcuni giorni prima del Super Bowl, che la NFL avrebbe abbandonato il banner «End Racism» nella zona di fine campo per lasciare spazio a un più generico «Choose Love», in tanti hanno pensato all’ennesimo riallineamento dovuto al cambio di registro sulle politiche DEI (Diversità, equità e inclusione) impresso dall’amministrazione Trump. Al contrario, il commissario della National Football League, Roger Goodell, ha tenuto a ricordare le iniziative a favore dell’inclusività promosse in questi anni, assicurando un impegno costante anche in futuro. Poi il portavoce della NFL ha spiegato che la scelta è ricaduta su «Choose Love» perché ritenuta una dichiarazione appropriata in relazione alle recenti tragedie, dall’attentato a New Orleans – la città che il 9 febbraio avrebbe ospitato la finale tra Philadelphia Eagles e Kansas City Chiefs – e gli incendi di Los Angeles.
In effetti, dalle proteste di Colin Kaepernick in avanti, la NFL si è vista costretta a rivedere molte delle sue azioni. E la musica, soprattutto a seguito della partnership con la Roc Nation di JAY-Z (non senza polemiche, all’epoca), le ha dato una grossa mano. Il semplice fatto che da alcune edizioni l’hip hop sia entrato in pianta stabile nell’Halftime Show è una dimostrazione abbastanza tangibile degli sforzi compiuti per farsi perdonare le sbavature del passato. Che sia un sentimento sincero o meno, che ci sia davvero la volontà di continuare su questa rotta, lo capiremo presto. Perché intanto Kendrick Lamar – l’ultimo a salire sul palco dell’evento più atteso oltreoceano – non ha voluto fare sconti ad anima viva in America.
Attorno alle sparate di Donald Trump si possono scorgere scoramento o tifo euforico. Dipende da che lato si sta. È difficile mantenere un atteggiamento lucido quando si è alle prese con un leader politico che concentra su di sé tutta la polarizzazione del paese, così anche uno spettacolo d’intrattenimento, solenne nella sua brevità, può provocare le medesime reazioni. Era accaduto, in piccolo, pure nel 2022, con Biden alla Casa Bianca, a conferma dei tempi esagerati che stiamo vivendo.
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Soltanto poche settimane fa ci chiedevamo cosa aspettarci dal 2025, annotando i mugugni di tantissimi fan nei confronti di artisti quali Snoop Dogg, Rick Ross, Soulja Boy e Nelly, già critici di Trump e ora maestri di cerimonie agli eventi inaugurali dell’amministrazione entrante. Come ha scritto sul New York Times uno dei massimi esperti statunitensi di musica hip hop, Dan Charnas, chiamiamo “profeti” gli artisti «quando avvalorano la nostra visione del mondo», salvo cambiare radicalmente opinione se dicono o fanno qualcosa che in tutta evidenza non ci soddisfa. Messi da parte i deliri di onnipotenza di Kanye West, ancora di recente su X, perché un limite è giusto darselo a volte, se è legittimo cambiare idea – e lo è –, altrettanto legittima dovrebbe essere l’accettazione del superamento dei vecchi schemi e della natura “imprenditoriale” che ormai da decenni avvolge l’hip hop. È il tema che in materia – immagino – sarà centrale in conseguenza del ritorno di Trump. E anche di questo, a dire il vero, abbiamo parlato l’indomani della sua (ri)elezione.
peekaboo
L’Halftime Show di Kendrick Lamar è stato ispezionato in lungo e in largo. Secondo Touré (e altri) il design del controller della PlayStation riprodotto sul palco è una «critica sfumata» del grande gioco, che appunto è l’America, al cui interno si è intrappolati (uno dei collegamenti è l’annosa questione dell’incarcerazione di massa negli Stati Uniti). Come ogni gioco, anche questo ha le sue regole, rammentate da Samuel L. Jackson nel ruolo di uno Zio Sam che porta all’esasperazione il grado di decoro richiesto a determinate persone più di altre. E ancora – sintetizzando al massimo le analisi sparse qua e là – la rappresentazione plastica della bandiera statunitense, che dapprima “celebra” il peso insostenibile di un paese fondato sulle spalle dei neri, per poi riprendere forma in un impeto di ribellione. Con Lamar lì nel mezzo, forse a marcare le divisioni.
Sono interpretazioni valide e in molti casi condivisibili; del resto a Kendrick Lamar è stata sempre riconosciuta una certa abilità a mettere in luce le contraddizioni, intime e corali. Tra «The revolution ‘bout to be televised» e tv off, ogni riferimento, ogni simbolo, sono stati un mix all’ennesima potenza di fenomeni glocal e alterità, messaggi diretti a chiunque fosse in grado di coglierli, dal proprio punto di vista. E a leggere diversi commenti social di individui riconducibili alla galassia più estranea a questo tipo di introspezione (c’è chi, in modo sprezzante, ha definito tutto ciò “nazionalismo nero”), viene il sospetto che Kendrick sia riuscito a centrare il bersaglio.
This revolution been televised, I fell through with the knick-knacks
– Kendrick Lamar, tv off, 2024
Il punto non è solo Drake, o meglio: lo era all’inizio. Dopodiché, nella narrazione di Kendrick Lamar, Drake si è trasformato nell’altro, la personificazione di una frattura storica e culturale che – spiega benissimo Cole Cuchna nello speciale Super Bowl di Dissect, podcast originale Spotify giunto alla 13esima stagione (peraltro dedicata a Mr. Morale & The Big Steppers) – comprende tanto l’hip hop (di nuovo: come osservato poche settimane fa in altre vesti), quanto la società statunitense.
Once upon a time, all of us was in chains
Homie still doubled down callin’ us some slaves
Atlanta was the Mecca, buildin’ railroads and trains
Bear with me for a second, let me put y’all on game
The settlers was usin’ town folk to make ‘em richer
Fast-forward, 2024, you got the same agenda– Kendrick Lamar, Not Like Us, 2024
Quello che resta, al di là dei record infranti, è che l’intera operazione si è rivelata fin dalle prime battute della faida un atto politico autentico. Non sappiamo da principio quanto consapevole, ma di cui Lamar ha preso coscienza via via che Not Like Us usciva dalle casse (o dalle cuffie, insomma) per entrare nella testa delle persone. La rivoluzione è andata in onda, «Game Over»: non è una comunicazione di servizio in esclusiva per Drake.
I see you, you see me
Both see what we want– Kendrick Lamar feat. SZA, Gloria, 2024
As I get a little older, I realize life is perspective
And my perspective may differ from yours […]
The streets got me f***** up, y’all can miss me
I wanna represent for us
New revolution was up and movin’
I’m in Argentina wiping my tears, full of confusion
Water in between us, another peer’s been executed
– Kendrick Lamar, The Heart Part 5, 2022
Altre cose interessanti
Nel frattempo è uscito l’album collaborativo di Drake con PARTYNEXTDOOR, $ome $exy $ongs 4 U (F*** a rap beef, I’m tryna get the party lit – GIMME A HUG).
Segnatevi la prossima beef: Cardi B vs Donald Trump.
Issa Rae e Shonda Rhimes contro il presidente per le sue controverse decisioni relative al Kennedy Center.
Ty Dolla Sign potrebbe aver preso posizione su Kanye West.
Puntata corta, ma Kendrick, ci sono ricascato. Ho parlato di te per la terza volta in pochi mesi, per di più sfidando il mormorio di Sanremo. Ci vediamo il 2 agosto a Roma. La playlist della newsletter, a tema Halftime Show, è pronta: non resta che premere il tasto play. Domande? Suggerimenti? Potete rispondere alla mail, scrivermi su Instagram, su Threads o su Notes. Se Mookie vi piace, mandate il link ad amici e parenti!
Ci leggiamo il prossimo mese, state bene!