Se non conoscete Sheff G e Sleepy Hallow, non è affatto grave. Sono due rapper della scena drill di Brooklyn, non troppo conosciuti dalle nostre parti. Una settimana prima della condanna a New York nel processo Stormy Daniels – il verdetto unanime della giuria popolare è arrivato il 30 maggio –, Donald Trump era nel Bronx per un evento della sua campagna elettorale. A un certo punto ha invitato sul palco i due rapper, ben lieti di poter esprimere davanti ai partecipanti il loro sostegno all’ex presidente in vista del voto di novembre.
La particolarità è che Sheff G e Sleepy Hallow sono accusati a Brooklyn di una serie di attività criminali e sebbene entrambi si siano dichiarati non colpevoli – sappiamo che il rap può rivelarsi tutto fuorché alleato dei rapper in determinate circostanze – c’è da annotare come Trump in passato non abbia mostrato la medesima indulgenza. A tanti è tornato alla mente il caso dei Central Park Five del 1989, quando l’allora rampante imprenditore di NYC comprò una pagina dei quattro più diffusi giornali della città, tra cui il New York Times, per chiedere condanne rapide e il ripristino della pena di morte ai danni dei cinque ragazzi ritenuti responsabili – ingiustamente, si scoprirà diversi anni più tardi – dello stupro della 28enne Trisha Meili, aggredita e violentata mentre praticava jogging a Central Park. Trump non si è mai scusato per le conclusioni affrettate e ancora di recente, da inquilino della Casa Bianca, non si è discostato di un millimetro da quanto sostenuto all’epoca.
Abbiamo passato le ultime settimane a raccontare che all’orizzonte si scorge un lieve, ma significativo cambiamento negli orientamenti di voto, con tanti neri che oggi si dicono dalla parte di Trump. Tra le frasi che si ripetono in loop, c’è quella per cui è sbagliato considerare l’elettorato nero un blocco monolitico, il che è ovviamente corretto. Tuttavia è un dato di fatto che da decenni il voto dei neri è stato indirizzato in larghissima parte a favore dei candidati democratici, eppur (qualcosa) adesso si muove. E la fascinazione per Trump si è estesa di pari passo al mondo dell’hip hop, anzi no: l’hip hop ha sempre adorato i personaggi come Trump – e nello specifico proprio lui –, ma ora c’è un’attrazione di ritorno dopo il dissenso manifestato durante la prima e (fin qui) unica esperienza alla presidenza degli Stati Uniti. Stavolta proveremo a scavare un po’ più a fondo.
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Di per sé la “caccia” al rapper pro-Trump non sarebbe così avvincente. È nella normalità delle cose che qualcuno lo sia, anche dentro un movimento che per sua natura dovrebbe essere quanto di più distante dall’universo MAGA. Appunto, dovrebbe: è una verità parziale. Di sicuro, però, è surreale constatare il cambio di rotta di alcune personalità dell’hip hop, come Snoop Dogg e YG.
Know I’ma win, like the election if Trump run again
– Benny The Butcher, Everybody Can’t Go, 2024
Ora, intendiamoci, è presumibile che a novembre i neri voteranno in larga maggioranza per il candidato democratico, il presidente Joe Biden. Ma c’è un ma, oltretutto bello grosso: il calo dei consensi che si registra in questa specifica porzione di elettorato tra i dem. Barack Obama, nel 2008 e nel 2012, poté contare su oltre il 90% dei voti (in più, in termini percentuali, nel 2012 la partecipazione dei neri fu superiore a quella dei bianchi). Hillary Clinton, nel 2016, scese all’88% e Biden confermò il trend nel 2020, con l’87% dei consensi nel segmento interessato. La leggera tendenza al ribasso è iniziata nell’immediato post-Obama, ma oggi il presidente in carica, sondaggi alla mano, non andrebbe oltre il 75-77%, un potenziale crollo di dieci punti. È importante allora capire cosa sia successo nel frattempo e in particolare negli ultimi quattro anni.
L’hip hop – e quanto gli ruota attorno – non può e non deve essere l’unità di misura di questi cambiamenti, ma sa comunque offrire spunti di riflessione niente male. La scorsa settimana 50 Cent, accompagnato dal noto avvocato Ben Crump, è andato al Congresso dove ha incontrato esponenti democratici e repubblicani1 per discutere di come aumentare la rappresentanza delle minoranze nel settore degli alcolici di lusso, attività che lo vede impegnato da tempo con i suoi marchi Le Chemin Du Roi e Branson Cognac. Intercettato dai giornalisti, alla domanda per chi voterà alle presidenziali ha risposto di non avere ancora deciso2. Poi, quando Nikole Killion di CBS News gli ha chiesto della rilevanza degli uomini afroamericani nelle elezioni, 50 Cent ha affermato di vederli identificarsi con Trump a causa delle accuse RICO3.
Non è chiarissimo, ma probabilmente l’allusione di 50 era al procedimento giudiziario in Georgia nei confronti di Trump e altri personaggi, accusati nell’ambito del RICO Act di aver tentato nel 2020 di sovvertire l’esito elettorale dello Stato4. Il RICO Act – Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act – è una legge federale del 1970 pensata per contrastare la mafia e in seguito applicata contro le organizzazioni criminali in generale, ma che in Georgia a partire dagli anni ‘80 ha incluso qualsiasi forma di racket. Ad ogni modo alcuni commentatori neri, pur comprendendo le ragioni (i neri vengono criminalizzati in America in maniera spropositata, con l’effetto di avere una popolazione carceraria sovrarappresentata), hanno stigmatizzato le parole di 50 Cent, perché a loro dire contribuiscono ad alimentare il più classico degli stereotipi. È tuttavia un tema, nel complesso: non dimentichiamo che tra le ultime azioni di Trump alla Casa Bianca spicca la grazia concessa ai rapper Lil Wayne e Kodak Black (suoi grandi tifosi). E questa cosa dell’immedesimazione neppure è nuova. Già negli anni ‘90, quando la politica a questi livelli era un miraggio, il nome di Trump era sulla bocca di numerosi MC. Il futuro presidente degli Stati Uniti non era necessariamente un modello da emulare, ma diveniva il simbolo dell’accesso in quei luoghi che l’agognato status finalmente concedeva.
Now it’s time to floss
Eye for a eye, what’s mine is yours
I need a suite with the flowers
Complimentary at Trump Towers
Sit at the table, we can build for hours
On gettin’ riches, a cinch, take a glimpse
«The World Is Yours» written all over the blimps
Here’s a toast to my foes, it’s like a whole new beginning– Mobb Deep feat. Nas & Big Noyd, Give It Up Fast, 1996
Adesso siamo su un altro pianeta, se guardiamo all’universo MAGA. Forgiato Blow è il più famoso esponente di un genere che è stato ribattezzato MAGA rap, da molti contestato in quanto evidente esempio di appropriazione culturale. I testi che lo caratterizzano sono un concentrato di inni rivolti a Trump, teorie complottiste e derisioni di movimenti come Black Lives Matter. Non ha la pretesa di raggiungere un pubblico ampio, ma parla direttamente alla platea di riferimento, unita nel culto trumpiano.
L’attrazione per Trump dell’elettorato nero che si osserva nei sondaggi non si esaurisce alla giustizia o al sistema penale. L’economia rimane centrale. Anche se i fondamentali sono in salute – e in linea di massima Biden dovrebbe trarne vantaggio –, i divari e le incertezze permangono tra le classi più disagiate. L’inflazione migliora, ma l’impennata dei prezzi ha morso soprattutto la comunità nera. Qua e là, insomma, si fatica ad accettare la narrazione ottimista dell’attuale amministrazione democratica. Secondo la rilevazione del Pew Research Center linkata sopra, i cittadini neri indicano tra le priorità politiche del 2024 il miglioramento del sistema educativo (79%), la solidità finanziaria della previdenza sociale (74%) e il rafforzamento dell’economia (76%). C’è la convinzione diffusa – ma è più la letteratura a dirlo che i dati – che poco o nulla sia davvero cambiato in questi anni. Ma la verità è nel mezzo e la polarizzazione portata all’estremo su ogni aspetto della vita quotidiana ha allargato le posizioni radicali nei vari gruppi demografici, facendo emergere le (seppur sacrosante) differenze al loro interno. Inoltre i flussi migratori hanno modificato la struttura sociale degli Stati Uniti, rendendo più difficoltosa la classificazione delle identità individuali. Ad esempio, non tutti i neri che vivono in America sono afroamericani – non tutti, cioè, sono i discendenti degli africani ridotti in schiavitù nei secoli scorsi – e questo favorisce un riallineamento sulla base di precise scale di valori, dall’economia all’aborto. I neri che nell’insieme si dichiarano conservatori, oggi avvertono una maggiore libertà – dettata dalle inclinazioni ideologiche o da motivi religiosi e culturali – di potersi smarcare dalle consuetudini e votare per i candidati che ritengono più affini.
Dopo anni di soppressione o limitazioni al voto, i repubblicani sembrano aver colto i nuovi scenari, tanto da prendere iniziative volte a contendere spazi elettorali tradizionalmente dati per spacciati. Trump in persona mira a farsi vedere sempre più spesso in compagnia di rapper – anche quando alle prese con i guai giudiziari – o celebrità di altro tipo, nonostante la sua resti una figura controversa. In questi giorni il candidato alla presidenza sarà a Detroit, la più grande città del Michigan. Gli abitanti di Detroit sono perlopiù neri (costituiscono il 78% della popolazione, mentre nello Stato si attestano al 14%). A un’ora di distanza da Detroit, a Dimondale, sobborgo bianco di Lansing, nel 2016 Trump rivolse il suo famigerato appello all’elettorato nero. In pratica un déjà vu, solo ora più consapevole.
Altre cose interessanti
Quello che in un primo momento sembrava essere un interessante progetto educativo della Roc Nation di JAY-Z per garantire borse di studio agli studenti svantaggiati di Philadelphia, con il passare delle ore si è trasformato nell’ennesimo terreno di scontro per via di presunti cavilli e condizioni poco trasparenti.
È uscito il nuovo libro di Questlove, Hip Hop Is History.
Siamo ai saluti, grazie di essere arrivati fin quaggiù. Non so ancora indicare quando andremo in pausa prima del rush finale, ma abbiamo almeno un paio di argomenti da dover affrontare. *Il titolo di questa puntata viene da un brano di Raekwon del 1995, Incarcerated Scarfaces.
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Ci leggiamo tra due venerdì, a presto!
La polarizzazione negli Stati Uniti, spiegata bene: durante la sua visita al Congresso, 50 Cent è stato fotografato al fianco di diversi politici, quali Nancy Pelosi e Lauren Boebert, con il risultato di scontentare tutti i suoi follower.
È evidente che la domanda rechi imbarazzo a chi la riceve. Benny The Butcher, il quale in passato non aveva nascosto la propria vicinanza a Trump, ha risposto analogamente quando gli è stato chiesto a inizio anno alla trasmissione The Breakfast Club di Power 105.1 per chi voterà.
Si è speculato molto sulle simpatie politiche di 50 Cent e ancora adesso potreste leggere in giro che nel 2020 ha sostenuto Trump. In realtà non è vero, non del tutto almeno: durante la campagna di quattro anni fa invitò i follower su Instagram a votare per l’allora presidente a causa del piano fiscale di Biden, ma scherzò anche – con il solito modo beffardo – sulla propria condizione economica («Mi sono appena ricordato che sono in bancarotta») e poco dopo “ritirò” l’endorsement che tale non era mai stato sul serio. Più avanti raccontò anche di essere stato contattato dalla campagna Trump per apparire alla cerimonia dell’eventuale secondo insediamento, tuttavia rifiutò l’offerta. Certo è, bisogna ammettere, che le sue uscite sulle vicende politiche sono spesso ambigue.
Di recente il caso ha però subito un brusco rallentamento per via di alcune vicende legate alla procuratrice distrettuale della contea di Fulton, Fani Willis, titolare dell’inchiesta.