Perché io abbia cominciato a scrivere questa piccola newsletter di quartiere è una storia, per nulla avvincente, che ho già avuto modo di raccontare. Semplicemente, fu una reazione del tutto personale alle convulse giornate di maggio-giugno 2020 che seguirono la morte di George Floyd. Il 20 aprile 2021 resterà una data storica per gli Stati Uniti. Ma è solo l’inizio.
Bentrovati su Mookie, la newsletter che «questo è un primo passo».
«Who got the camera?», chiedeva Ice Cube. Era il 1992. Il 3 marzo dell’anno precedente, a Los Angeles, in piena notte, un tizio di nome George Holliday riprese dalla sua finestra con una videocamera amatoriale – un fatto quasi inedito per l’epoca – un pestaggio in piena regola ai danni di un uomo a terra. C’era frastuono dall’altra parte della strada, un elicottero che volava a bassa quota, macchine della polizia con i lampeggianti accesi. Svegliato perciò dai rumori, a Holliday venne spontaneo prendere il giocattolo nuovo e filmare tutto. Volavano calci e pugni, di tanto in tanto spuntavano manganelli e taser. Diversi gli agenti coinvolti. Un accanimento ingiustificato, non fosse altro che la persona a terra – il tassista afroamericano Rodney King – non aveva scampo: tentare la fuga era praticamente impossibile e reagire non sarebbe stata una buona idea, anche se forse un accenno di risposta alle violenze era stato catturato dalla videocamera appena accesa.
Al processo la giuria assolse gli agenti del LAPD che avevano massacrato di botte King, così Los Angeles fu messa a ferro e fuoco. Holliday aveva consegnato il video del pestaggio alla tv locale KTLA, dopo il rifiuto dello stesso dipartimento di polizia. Una volta mandato in onda, il video venne poi trasmesso in tutti gli Stati Uniti. Ma l’anno successivo lo sdegno generale e le prove dei filmati, benché schiaccianti, non furono abbastanza: gli agenti riuscirono a farla franca, come già troppe volte in passato, in casi analoghi e senza videocamere amatoriali nei paraggi. Perciò dal 29 aprile – giorno dell’assoluzione – al 4 maggio 1992, governò il caos a Los Angeles. Saccheggi e roghi furono all’ordine del giorno per sei giorni. Le gang approfittarono dei disordini per agire indisturbate, mentre gli scontri tra diversi gruppi sociali – soprattutto neri e coreani – portarono alla luce problemi tanto più profondi. Alla fine furono inviati in città l’esercito e la Guardia nazionale, e le rivolte terminarono. Il bilancio fu di 63 morti (secondo le stime del Los Angeles Times), oltre duemila feriti, più di 12 mila arresti e danni per circa un miliardo di dollari.
A Minneapolis e in altre città statunitensi c’era apprensione, nei giorni scorsi. La condanna di Derek Chauvin poteva apparire scontata ai nostri occhi, ma non lo era davvero. E se l’avesse scampata, sarebbe potuto succedere di tutto. Il video di Darnella Frazier, una ragazza 17enne che passava di lì per caso con la cuginetta di nove anni, ha mostrato tutta la crudeltà, lo sfregio alla vita umana, dell’ex agente. La giovane stava assistendo a qualcosa che non riteneva «giusto». George Floyd sarebbe potuto essere suo padre, o suo fratello, come ha detto durante la testimonianza al processo. Chauvin è stato condannato perché una serie di elementi – i video, i pareri degli esperti medici sulle cause di morte, le dichiarazioni di Medaria Arradondo (inusuali per un capo della polizia) – non lasciavano spazio a terze vie. Tuttavia, ha notato David A. Graham su The Atlantic, se tutto ciò è stato abbastanza per condannare Chauvin, non necessariamente le cose miglioreranno in fretta. In futuro assisteremo ad altre assoluzioni e un cambiamento del corso degli eventi avverrà soltanto in presenza di riforme radicali, fuori dai tribunali.
Urlo senza voce
Senza peccato, messo in croce
Mamma, non respiro
No, non ce la faccio più
Innocente troppe volte
Vita nera senza colpe
Mamma, non respiro
No, non ce la faccio più– Non respiro, Davide Shorty - Amir Issaa - David Blank, 2020
Leggi l’intervista di Mookie ad Amir Issaa
A differenza di George Hollyday tanti anni prima, Darnella Frazier non ha dovuto vagliare una scelta su cosa farsene del video che aveva appena ripreso con lo smartphone, lì a Minneapolis. È bastato condividerlo online e in poche ore il mondo sapeva, smentendo le prime ricostruzioni della polizia. Nel 1992, Ice Cube poteva solo sperare (Who Got The Camera?) che una persona munita di videocamera passasse per il luogo in cui lo stavano perquisendo, aggrappandosi a qualsiasi pretesto pur di farlo apparire per quello che era stato già stabilito, senza uno straccio di prove: un colpevole di qualche reato. Una videocamera, insomma, avrebbe potuto almeno testimoniare i metodi scorretti e spesso brutali degli agenti, come in parte fu per Rodney King. Come solo in parte, ad esempio, è stato per Philando Castile nel 2016.
Quando afferma che in George Floyd ha visto qualcuno della sua famiglia, Darnella Frazier ribadisce un aspetto fin troppo sottovalutato: il terrore, per un nero in America, che un controllo della polizia possa concludersi nel peggiore dei modi. La stessa paura che Floyd ha provato all’istante, prima, cioè, di ritrovarsi faccia a terra per 9 minuti e 29 secondi (come è poi emerso in fase processuale) con un ginocchio sul collo, un lasso di tempo interminabile e fatale. Il tragico epilogo dei racconti di innumerevoli brani rap e di altrettante canzoni di epoche precedenti, espressione della musica nera e testamento culturale di quello che abbiamo poi cominciato a definire razzismo sistemico.
They promise education, but really they give you tests and scores
And they predictin' prison population by who scoring the lowest
And usually the lowest scores the poorest and they look like me
And every day on the evening news, they feed you fear for free
And you so numb, you watch the cops choke out a man like me
Until my voice goes from a shriek to whisper, "I can't breathe"
And you sit there in the house on couch and watch it on TV
The most you give’s a Twitter rant and call it a tragedy
But truly the travesty, you’ve been robbed of your empathy
Replaced it with apathy, I wish I could magically
Fast forward the future so then you can face it
And see how fucked up it'll be
I promise I’m honest– walking in the snow, Run The Jewels, 2020
La violenza della polizia è una delle principali cause di morte per i giovani uomini negli Stati Uniti, secondo il Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America. Nel corso della vita, circa un uomo nero su mille può essere ucciso dalla polizia. Gli uomini neri sono circa 2,5 volte più a rischio degli uomini bianchi. Le donne nere hanno una probabilità 1,4 volte maggiore di essere uccise dalla polizia delle donne bianche.
How do we cope when we don’t love each other?
Where is the hope and the empathy? (Yeah)
How do we judge off the color?
The structure was made to make us the enemy (Yeah)
Prayin' for change ‘cause the pain makes you tender
All of the names you refuse to remember
Was somebody’s brother, friend
Or a son to a mother that’s crying, singing
I can’t breathe
You’re taking my life from me
I can’t breathe
Will anyone fight for me? (Yeah)– I Can’t Breathe, H.E.R., 2020
Anni diversi (1992, 2005, 2020), momenti diversi, geografie diverse. Eppure la narrazione resta la medesima, da Ice Cube a DaBaby, passando per Chamillionaire. La brutalità poliziesca è una costante, in un paese – l’America – che di suo non ha ancora smesso di discriminare nelle forme più varie. Solo un mese prima della morte di George Floyd, un sondaggio del Pew Research Center ha rilevato una netta discrepanza nel grado di fiducia che neri e bianchi manifestano nei confronti della polizia, in linea con le indagini più recenti, risultato di un retaggio chiamato profilazione razziale (e al momento anche la tecnologia non sembra essere d’aiuto). Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato in questi giorni un progetto di riforma della polizia «per combattere il razzismo sistemico all'interno delle forze dell'ordine», ma non sarà semplice farlo approvare in tempi rapidi a causa delle divisioni in materia al Congresso, inoltre è opportuno ricordare che la polizia è gestita principalmente a livello locale. Soprattutto, però, i tre nuovi casi emersi negli stessi giorni del processo contro Chauvin – Daunte Wright a Brooklyn Center, Adam Toledo a Chicago, Ma’Khia Bryant a Columbus – sono la dimostrazione che la strada resta in salita.
On the run
In fuga. Per molti può diventare uno stile di vita. Se c’è una pattuglia da qualche parte, se sta arrivando la polizia, che tu abbia fatto qualcosa o no, hai un’unica soluzione: scappa! La sociologa Alice Goffman ha vissuto per sei anni in un’area disagiata di Philadelphia, ha osservato la “rete di sopravvivenza” degli abitanti del quartiere per evitare i controlli quotidiani della polizia, storie talvolta strazianti di giovani che hanno a che fare con la pervasiva attività di sorveglianza nei quartieri heavily policed, un’eredità della cosiddetta guerra alla droga. Questo suo lavoro è culminato in On The Run, libro pubblicato nel 2015. E tra quelle pagine è praticamente impossibile non pensare ai racconti (e ai video musicali) di tanti pezzi rap.
Altre cose interessanti
La videocamera di George Holliday non funziona più, ma esiste ancora ed è stata messa all’asta lo scorso anno.
Consigli non richiesti, ma molto a tema (e di attualità): se non avete già provveduto, guardate Two Distant Strangers, il corto Netflix candidato agli Oscar 2021 con Joey Badass.
Dopo DMX (del quale abbiamo ampiamente parlato la scorsa settimana), ci hanno lasciati Black Rob – uno degli artisti di punta della Bad Boy Records tra la fine degli anni ‘90 e i primi 2000, divenuto famoso con il singolo Whoa! – e, proprio in queste ore, Shock G dei Digital Underground, gruppo californiano che fu l’antitesi degli N.W.A.
Siamo così giunti alla conclusione. Dubbi? Suggerimenti? Potete rispondere alla mail, se vi va, oppure commentare o scrivermi su Twitter, Instagram, Facebook. Se Mookie vi piace, iscrivetevi e fate iscrivere le amiche e gli amici alla newsletter.
Pronti per le prime riaperture da lunedì? In ogni caso – ATTENZIONE –, noi ci rileggeremo tra due settimane (no, le riaperture non c’entrano). State bene allora, a presto!