Nelle scorse settimane c’è stato il gradito ritorno al microfono di MC Lyte con Woman, un inno alle donne uscito in occasione del Women’s History Month. MC Lyte non è nuova a iniziative di questo tipo, già nel lontano 1988 – all’epoca aveva appena 18 anni ed era praticamente all’esordio – pubblicò all’interno dell’album Lyte as a Rock la traccia I Am Woman, che inaugurò una nuova stagione dell’hip hop, sebbene a lungo rimasta ai margini. Soltanto un anno più tardi, nel 1989, arrivò Queen Latifah con Ladies First a ridisegnare i confini di un ambiente a trazione machista – riflesso di alcuni spaccati, abbastanza frequenti, del segmento nero e degli stereotipi che la società americana in generale aveva affibbiato alle donne –, ma è dovuto passare comunque del tempo prima che venisse riconosciuto alle artiste il fondamentale ruolo svolto nello sviluppo della cultura. Sembra una contraddizione in termini, resa tuttavia possibile dall’incastro di situazioni che hanno visto le donne, anche le più talentuose, competere nel Rap sempre all’ombra dei colleghi uomini. Oggi si registra finalmente la dovuta legittimazione, non senza incidenti di percorso, qualcuno anche recente, tipo il “puritanesimo” più rumoroso emerso l’indomani della pubblicazione di WAP di Cardi B e Megan Thee Stallion. Insomma, di tanto in tanto è servito rimettere le cose al loro posto. Così, nel 2019, Rapsody ha scritto la sua «lettera d’amore» alle donne nere, Eve, tra i migliori dischi degli ultimi anni1.
I am woman, hear me roar
When I grab the mic, it’s never a bore
When I’m on stage sayin’ a rhyme
I often wonder what you think of mine
Is it fresh or weak, or is it live or dead?
Yo, it’s got to be somethin’ if you’re bobbin’ your head
To the beat, can I get an amen, brother?
Liked that rhyme? Well, here goes another– MC Lyte, I Am Woman, 1988
C’è l’altra faccia della medaglia, preponderante, della componente maschile, che in 50 anni del movimento è stata talvolta caratterizzata da episodi di scarsa inclusione, dalla mercificazione del corpo femminile, dalle morti eccellenti e dalle azioni spericolate. Diversi studi in materia hanno messo in luce la spiccata propensione dei rapper uomini a utilizzare espressioni violente e misogine, ma anche un mai ammesso incoraggiamento da parte dell’industria discografica alla produzione di testi provocatori per vendere di più. Tutto questo ha alimentato il cortocircuito mediatico e l’annoso dibattito su fin dove possono spingersi le forme artistiche, specie le più ruvide. Qualche over 30 all’ascolto ricorderà quando all’inizio degli anni Duemila il Congresso americano decise di passare al setaccio le strofe di Eminem. Ancora oggi può capitare di essere fermi allo stesso punto, con i testi rap che finiscono addirittura nelle aule dei tribunali.
Per questo numero, ci prendiamo una piccola pausa da Biden, Trump e dalle vicende politiche americane, per provare a capire qualche sfaccettatura in più sull’Hip Hop, un genere musicale ormai celebrato ovunque, ma che continua a subire interpretazioni pretestuose e malintesi, al di là degli inciampi (che ci sono stati e non devono essere tenuti nascosti). Troppe volte si osservano giudizi annebbiati dai cliché, trascurando aspetti fondamentali, volti all’educazione e alla crescita personale. E siccome l’Hip Hop è tra i generi musicali più ascoltati e influenti negli Stati Uniti e nel mondo, ne parliamo insieme a chi lo “abita” a livello internazionale da un sacco di anni: Carmen Claudia Sorbara, traduttrice, mediatrice culturale, educatrice e DJ, conosciuta con il nome di Leva57.
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In un brano del 1999, Love Is Blind, Eve racconta di una giovane donna coinvolta in una relazione dannosa, tra violenze e abusi, esprimendo indignazione e incredulità per i comportamenti dell’uomo. Il brano – che trae ispirazione da una storia accaduta ad una sua amica – si conclude con la morte della protagonista (quest’ultima parte è di fantasia), mentre Eve immagina la stessa fine per l’aguzzino.
I don’t even know you and I hate you
See all I know is that my girlfriend used to date you
How would you feel if she held you down and raped you?
Tried and tried, but she never could escape you
She was in love and I’d ask her how, I mean why?– Eve, Love Is Blind, 1999
Di solito, però, la narrazione è capovolta e i testi rap includono riferimenti espliciti da parte di uomini che si vantano delle proprie prestazioni (prendete un brano a caso dei 2 Live Crew), o, peggio, del potere che riescono ad esercitare sulle donne. Per fortuna dagli anni ‘80-‘90 molto è cambiato, le coscienze si sono elevate e certi temi vengono affrontati con maggiore cura, ma ogni volta che succede qualcosa di spiacevole o drammatico è usanza diffusa tirare in ballo l’universo Hip Hop nelle sue diverse forme, in quanto “cattivo maestro”. Lo abbiamo visto anche in Italia, con l’omicidio di Giulia Cecchettin: non si sa bene perché, ma c’è chi ha ritenuto opportuno prendersela con la musica Trap. «Nessuno si lamenta con i registi o gli scrittori di libri che trattano argomenti particolari senza alcun tipo di censura, non capisco perché bisogna sempre e solo puntare il dito verso gli artisti Rap o Trap», afferma Carmen Claudia Sorbara, da molti conosciuta con il nome d’arte Leva57. Nata e cresciuta in Calabria, appassionata di stile e moda, Carmen ha vissuto a Roma, Milano, New York (dove è entrata a far parte della leggendaria Rock Steady Crew) e ora risiede a Londra, svolgendo lavori di traduttrice, mediatrice culturale ed educatrice. E di quotata DJ, ovviamente. Nel merito delle polemiche, le idee sono piuttosto chiare (il colloquio è stato modificato qua e là per ragioni di lunghezza e chiarezza): «La famiglia è il nucleo principale che deve prendersi cura dell’educazione emozionale dei bambini e degli adolescenti, poi sta alla scuola e agli insegnanti spiegare in maniera più approfondita comprensione e interpretazione del testo, non ai rapper e ai trapper, che spesso e volentieri eseguono solo un esercizio stilistico di scrittura o si sfogano con la musica. Per quanto mi riguarda si può pure ricorrere ai famosi adesivi “Parental Advisory: Explicit Lyrics” sulle copertine dei dischi come negli anni ‘90, ma i genitori devono tornare a parlare con i propri figli e controllare cosa combinano e come vivono, gli insegnanti devono lavorare con loro. Il resto è una conseguenza».
«Inoltre – aggiunge – non va sottovalutato che il Rap e la Trap Music sono spesso fenomeni legati all’età adolescenziale, che già di per sé è un periodo oscuro e confuso per alcuni di loro, un momento cruciale in cui si scopre il mondo e la sessualità, ma non si ha molta esperienza di vita. Agli adolescenti puoi spiegare il senso di responsabilità, ma non pretendere da loro ciò che invece è di competenza degli adulti. Bisogna capire che il Rap e la Trap si limitano quindi a narrare e sono solo lo specchio della società attuale».
Hai frequentato ambienti espressamente Hip Hop, non solo in Italia, ma anche all’estero. Come descriveresti le tue esperienze?
Sono contenta che l’Hip Hop sia parte del mio background personale. Mi ha aiutata a crescere, mi ha dato l’opportunità di visitare e vivere molte nazioni, di avere amici in tutto il mondo, ma non posso dimenticare di aver capito come trarne il meglio e come interpretarne l’essenza grazie ad alcune figure cruciali che ho incontrato durante il mio percorso.
Mookie è una newsletter che si occupa di Stati Uniti, una realtà che conosci bene. Alcuni dei più grandi idoli dell’Hip Hop americano hanno avuto comportamenti tutt’altro che lusinghieri nei confronti delle donne. In Italia, o fuori, hai mai subito torti nell’ambiente?
In Italia e all’estero, nell’Hip Hop come nella vita in generale, ho subito torti e tentate umiliazioni. Ma ho anche vissuto esperienze indimenticabili, conosciuto persone che mi hanno aiutata e soprattutto ispirata a crescere spiritualmente, o che mi hanno dato un’educazione all’imprenditoria, cosa che non è avvenuta a scuola. Ovviamente non è stato piacevole e in passato ho anche sofferto, ma ciò che mi ha dato la forza di non mollare è stato leggere tanto sull’amor proprio e circondarmi di persone che mi amavano, credevano e mi criticavano, ma in maniera costruttiva. Lasciando perdere tutti coloro che mi insultavano gratuitamente o volevano in qualche modo ostacolarmi.
Quando abbiamo preso contatti per questa conversazione, mi hai raccontato che insegni Hip Hop/ DJing nell’istituto penitenziario per ragazzi di Londra. L’Hip Hop come forma educativa, è un aspetto che spesso sfugge. In che modo l’Hip Hop può aiutare i più giovani?
L’Hip Hop nella sua forma originale nasce da una qualsiasi sensazione o esperienza di disagio personale, ma poi si evolve in percezione ed elevazione di sé. L’esperienza nell’istituto penitenziario mi ha aiutata a crescere e a maturare molto soprattutto il mio approccio alla sensibilità altrui. Mi ha insegnato a non dare nulla per scontato, a spingere e condividere ancora di più il mio sentimento di amor proprio, che provo a trasmettere ai ragazzi durante i nostri incontri e gli scambi di opinioni durante le sessioni. Volersi bene spesso è l’unica soluzione, ci aiuta anche ad avere un rapporto migliore con parte del mondo in cui viviamo.
Knew when Latifah showed us what a queen was
I went from invisible to seen to on the Smooth tip
Sweet Tee, to follow Monie in the Middle on the scene
Saw them, saw myself, vowed to rock mics when I’m older
Pick up a pen, and like Antoinette (Lights out, party’s over)– Akua Naru, The World Is Listening, 2011
Prima di salutarci ti chiedo non una definizione generica di Hip Hop, ma cosa è l’Hip Hop per te.
Anni fa ti avrei risposto che l’Hip Hop è la parte migliore di me, e in effetti per tanti anni lo è stata. Crescendo e con tanta auto-analisi mi sono anche accorta che, proprio come diceva Esa, «l’Hip Hop è un mezzo, non un fine»: attraverso l’Hip Hop si può dare il proprio piccolo contributo in questo mondo che, diciamolo, a volte non è proprio facile da vivere. Con le capacità che ho sviluppato grazie alla cultura Hip Hop assorbo, metabolizzo, creo e ricreo a gusto mio, condividendo ciò che ho imparato dalle mie esperienze con i ragazzi dell’istituto penitenziario, con gli amici quando mi dedico ai miei progetti di moda e stile, quando traduco i libri o mi immergo in brainstorming vari con designer e grafici. Sono solo degli esempi, potrei continuare all’infinito perché a un certo punto diventa parte integrante della tua personalità, quindi per me è normale metterne una piccola dose in tutto quello che faccio e vivo nel quotidiano. L’Hip Hop è immenso e quando sento qualcuno dire che è “finito” vorrei che vedesse quanto in realtà sia appena all’inizio delle sue potenzialità. E se si riesce a comprenderlo e a farlo proprio, canalizzando la sua energia produttivamente, può contribuire alla vita di chi fa parte di questa splendida cultura. Spero e auguro vivamente che sempre più persone comprendano il suo fulcro e lo facciano proprio per brillare ed evolversi con stile e unicità. Pace.
Altre cose interessanti
Kendrick Lamar e J. Cole hanno superato le divergenze, ammesso abbiano mai litigato sul serio. Nel frattempo in tanti si sono schierati contro Drake, che ha già provveduto a rispondere. Il Washington Post ha ricostruito i perché e i percome della faida che sta infiammando l’Hip Hop statunitense.
Perché la vicenda di O. J. Simpson non è stata compresa del tutto.
Il 2024, almeno fin qui, sta segnando la ripresa (commerciale) del rap.
Siamo ai saluti di questa puntata speciale, grazie di aver letto fino in fondo. Al prossimo appuntamento torneremo a occuparci di politica, società (e musica) in previsione delle elezioni di novembre.
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Ci leggiamo tra due settimane, a presto!
Rapsody sta tornando con un nuovo lavoro, in uscita a maggio.