Chiunque sia mai stato negli Stati Uniti almeno una volta, anche la più classica delle capatine a New York, avrà notato la presenza di distributori automatici alimentari un po’ ovunque. Non che da noi siano pochi, ma negli Stati Uniti si possono trovare davvero in qualsiasi luogo, anche se – come spesso capita – la percezione supera di gran lunga la realtà dei fatti. Secondo la National Automatic Merchandising Association, negli Stati Uniti ci sono più di quattro milioni di “vending machine” che servono circa 40 milioni di persone al giorno. Nel 2017 si stima che chi opera nel settore abbia contribuito all’economia americana per 10,1 miliardi di dollari. Da alcuni anni i distributori automatici sono provvisti, soprattutto nelle scuole e nelle aziende, di cibi salutari (frutta e verdura) per prevenire il rischio obesità, che resta un problema diffuso in America (la misura oggi viene adottata pure altrove, Italia compresa).
Bentrovati su Mookie, la vostra newsletter di quartiere.
Nell’episodio del 24 novembre del suo podcast, You and Me Both, Hillary Clinton parla di cibo con i suoi ospiti. Non è una scelta casuale, ovviamente. Ed è ancora meno un caso che tra gli interventi figuri quello del famoso chef José Andrés, fondatore di World Central Kitchen, un’organizzazione che si occupa di distribuire pasti nel mondo in situazioni di crisi. Da quando è scoppiata la pandemia, ricorda Clinton durante il podcast, World Central Kitchen ha distribuito cibo in 400 città negli Stati Uniti, aiutando le persone che più avevano bisogno, inclusi bambini e bambine che in molti casi, con le scuole chiuse nei periodi di lockdown, hanno dovuto rinunciare ad un pasto decente. Il cibo, viene sostenuto con forza, è una «questione di sicurezza nazionale».
Inutile prenderla larga. Tutto ruota attorno a ciò che mangiamo, e a come lo mangiamo. Un’azione indispensabile che ha effetti sul fisico, ma anche sulla mente e sulle emozioni. I pasti dettano i tempi delle nostre giornate e molte delle decisioni più importanti le prendiamo seduti a tavola, in famiglia o in contesti professionali. Diamo così per scontato il cibo, a volte, da dimenticare quanto sia importante per noi. Eppure è un pensiero fisso, un’immagine costante, al punto che l’arte gli ha sempre riservato un posto d’onore. Anzi, quello tra arte e cibo è un rapporto quasi morboso. Nell’arte contemporanea si è andati oltre la mera rappresentazione del cibo e il cibo stesso è divenuto il principale soggetto dell’opera. Se i piatti tipici di un posto ne sono un’espressione culturale, abbiamo in tempi più recenti elevato il concetto ad un livello superiore, trasformando la lavorazione del cibo in tutte le sue fasi – la selezione delle materie prime, la preparazione e la composizione degli ingredienti, l’impiattamento (dicono quelli) – in un evento esclusivo, un’esperienza sensoriale da assaporare in ristoranti megastellati (chi può permetterselo) o simil-chic (per le altre tasche), oppure da osservare nei programmi televisivi: è il cibo, adesso, l’opera d’arte.
Questo lungo preambolo è solo per ricordare che, alla stregua di cinema, serie tv e romanzi, anche la storia musicale dell’hip hop – l’arte del qui e ora – è piena di riferimenti al cibo, già con Rapper’s Delight del 1979, il primo rap di successo in termini commerciali, quando Wonder Mike della Sugarhill Gang chiede a noi ascoltatori se siamo mai stati invitati a casa di un amico e quello che c’è da mangiare fa schifo, il pollo sa di legno, eccetera eccetera.
Il cibo sta all’hip hop come addirittura Trump lo è stato in passato, al pari di auto sportive, gioielli e vestiti di marca: una formula per rilevare il passaggio da una condizione precaria, con poche possibilità di mettere insieme il pranzo con la cena, a una vita sfarzosa, da ostriche e champagne, che poi è quello che più o meno Notorious B.I.G. racconta in Juicy.
Oggi, però, la pandemia ci dovrebbe indurre a nuove riflessioni sul cibo. Che spesso negli Stati Uniti – come informava alcune settimane fa il New York Times – non è sufficiente per molte famiglie afroamericane e ispaniche, le quali stavano sperimentando già prima del coronavirus l’insicurezza alimentare su valori più alti rispetto alla media nazionale. La situazione si è perciò aggravata e una famiglia su otto non ha abbastanza da mangiare. Il rapporto Map the Meal Gap 2020 spiega che le conseguenze della pandemia – disoccupazione crescente, disuguaglianza dei redditi e incertezza economica – concorrono ad annullare i miglioramenti relativi all'insicurezza alimentare registrati complessivamente negli ultimi dieci anni.
I banchi alimentari e le organizzazioni che si occupano di distribuzione di cibo non riescono talvolta a soddisfare la domanda, nel frattempo aumentata, a causa della chiusura dei ristoranti che aderiscono alle iniziative e delle donazioni in calo. Solo nella regione metropolitana di Washington, la Capital Area Food Bank stima per il 2020 un incremento dell’insicurezza alimentare dal 48% al 60%. Gli sprechi sono un ulteriore problema, quando invece – afferma José Andrés nel dialogo con Hillary Clinton – si sarebbe potuto rafforzare il programma federale SNAP per l’assistenza alimentare (dei buoni pasto, semplificando molto) ed estenderlo ai ristoranti, più di quanto non avvenga normalmente, per le consegne a domicilio alle persone in difficoltà, ad esempio gli anziani. Un processo virtuoso, secondo il fondatore di World Central Kitchen, che riuscirebbe a coinvolgere contadini, pescatori, produttori e a mantenere in vita un pezzo di economia (per chi è interessato, il New York Times ospita un lungo articolo di Andrés sull’argomento).
Questa l’attualità. In precedenza, quando eravamo più distratti, guardavamo all’America e pensavamo che fosse tutto pancake e sciroppo d’acero a colazione. Ma torniamo a noi. Dopo la Sugarhill Gang, ci sono stati i Fat Boys (All You Can Eat, 1985), i Beastie Boys (Egg Man, 1989), gli A Tribe Called Quest (Ham ‘N’ Eggs, 1990) e i De La Soul (Bitties in the BK Lounge, 1991) a mescolare rime e pietanze, e dopo di loro molti altri. DJBooth ha stilato nel 2018 la classifica Hip-Hop's 5 Best Food Writers. Nell’ordine:
Action Bronson, che ha perso parecchi chili in quarantena, da bravo cuoco è l’esponente più illustre del gastro-rap;
MF DOOM, che all’attivo ha un album piuttosto esplicativo: MM...FOOD;
Ghostface Killah;
Rick Ross;
2 Chainz, il quale ha scritto un libro di ricette e per GQ se ne è andato in giro ad assaggiare i cibi più costosi (compresi panini e gelati).
Anche Snoop Dogg ha pubblicato un proprio libro di ricette, a quanto pare niente di esaltante. Tyler, The Creator, negli anni della sua app Golf Media, ha avuto un programma a tema: The Greatest Cooking Show Of All Time. Kelis, dopo un periodo non serenissimo per lei, è diventata chef e ha trovato ispirazione per il suo ultimo album, Food, uscito nel 2014. Nel 1995, in Soul Food, i Goodie Mob esaltavano le tradizioni culinarie del Sud; di contro nel 2000, in Be Healthy, i Dead Prez dispensavano consigli per una dieta equilibrata:
I don’t eat no meat, no dairy, no sweets
Only ripe vegetables, fresh fruit and whole wheat
I’m from the old school, my household smell like soul food, bro
Curry falafel, barbecued tofu
No fish though, no candy bars, no cigarettes
Only ganja and fresh-squeezed juice from oranges
Exercising daily to stay healthy
And I rarely drink water out the tap, cause it’s filthy
Persino Michelle Obama, quando era alla Casa Bianca, ha prodotto un disco hip hop con l’obiettivo dichiarato di incentivare uno stile di vita sano e contrastare l’obesità infantile. Il cibo ha inoltre assunto diverse funzioni descrittive in senso “tropologico”, tipo indicare una cosa per un’altra. Una delle tante: broccoli per marijuana. Non meno trascurabili sono infine gli aspetti più redditizi dell’incestuoso rapporto tra cibo e rap.
Questa della Bad Boy Records nel 1994, è una delle campagne meglio riuscite nella storia dell’hip hop. L’etichetta, fondata l’anno prima da Puff Daddy (all’epoca si faceva chiamare ancora così) dopo la gavetta alla Uptown, unì i nomi di Notorious B.I.G. e Craig Mack in B.I.G. Mack, un gioco di parole che richiamava il più iconico dei panini di McDonald’s, per promuovere i dischi di esordio dei due artisti, Ready To Die e Project: Funk da World, entrambi usciti nel mese di settembre a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Nel 2020, cioè a 26 anni dalla trovata di Sean Combs, McDonald’s ha annunciato una collaborazione con Travis Scott per uno specifico menù in edizione limitata, più altre iniziative commerciali (non succedeva qualcosa del genere dal 1992, con Michael Jordan). La partnership avviata a settembre dovrebbe aver fruttato al rapper di Houston una cifra che si aggira intorno ai 20 milioni di dollari.
Altre cose interessanti
Ennesimo colpo di JAY-Z. Penguin Random House e Roc Nation lanciano una nuova casa editrice (questa informazione vi è gentilmente offerta da Alessio Samele, spacciatore ufficiale di notizie per Mookie). In programma ci sono un libro di Meek Mill, le biografie di Yo Gotti e Fat Joe e, indovinate un po’, anche pubblicazioni di cucina.
Joe Biden ha nominato Deb Haaland al vertice del dipartimento dell’Interno. Se otterrà il via libera dal Senato, sarà la prima nativa americana a far parte di un’amministrazione Usa.
Prima di salutarci, un aggiornamento dalla Georgia. Si terranno il 5 gennaio i ballottaggi per i due seggi senatoriali rimasti in palio – ma questo ormai dovreste saperlo – e oltre un milione di elettori hanno chiesto di poter votare per posta. Si prevede un’alta affluenza, che, se confermata, ci dirà qualcosa in più dell’incredibile lavoro svolto da Stacey Abrams e Fair Fight Action in questi anni.
Fuori da una retorica pucciosa, sarebbe bello sapere già ora che riusciremo a fare tesoro di quello che abbiamo vissuto in questo nefasto 2020. Il cibo è davvero una «questione di sicurezza nazionale», ovunque. Ad ogni modo, sono consapevole che la puntata di oggi non avrebbe mai potuto competere con l’attesa delle comunicazioni del governo su quello che potremo o non potremo fare a Natale. Ma al solito, se tutto questo è stato (ed è) di vostro gradimento, consigliate Mookie ad amici, fidanzate e fidanzati, mogli, mariti, amanti (la scorsa settimana mi hanno fatto notare che mi ero dimenticato di loro...), lontani parenti, chiunque. Se avete suggerimenti o volete parlare con me di qualsiasi cosa, potete rispondere a questa mail. Per gli auguri, ci sentiamo poi.
A presto!