La newsletter avrebbe dovuto aprirsi in tutt’altro modo, ma la notizia della positività al coronavirus della coppia presidenziale statunitense merita una menzione necessaria perché dà un senso — per carità, solo in parte — a quanto leggerete tra poco. È l’ennesimo colpo di scena di un anno troppo assurdo per essere vero. Auguri di pronta guarigione a Donald e Melania Trump, ovviamente.
A un certo punto, durante il primo confronto televisivo con Joe Biden di martedì, Donald Trump ha pronunciato delle parole ambigue e dal (possibile) significato sinistro. Queste:
Proud Boys, stand back and stand by
È accaduto poco dopo che il moderatore del dibattito, Chris Wallace, gli ha chiesto se poteva impegnarsi a condannare i gruppi suprematisti bianchi e le milizie. Dapprima Trump non è sembrato convinto, poi ha domandato “chi” esattamente. È stato Biden a suggerire i Proud Boys, gruppo di estrema destra ritenuto tra i responsabili di molti dei disordini osservati ultimamente nelle città americane.
Proud Boys, state indietro e state allerta
Successivamente la campagna di Trump ha smorzato i toni, dicendo che il presidente aveva già denunciato in passato i gruppi più estremi e violenti. Resta il fatto che quelle parole qualche pensiero negativo lo hanno provocato, dopo giorni passati a parlare di transizioni non ordinate in caso di sconfitta il 3 novembre.
Se in questi giorni avete notato online un aumento di esortazioni al voto, soprattutto da parte delle star afroamericane, da Beyoncé a Tyler, The Creator, ma anche LeBron James e altri colleghi NBA, sappiate che è una cosa normale — nel senso che è ormai un rituale, come le iniziative di Common e Alicia Keys qualche tempo fa — , ma che quest’anno potrebbe assumere un significato particolare. Votare, negli Stati Uniti, non è una cosa semplice. Il giorno delle elezioni, per molti cittadini, raggiungere i seggi, che spesso distano chilometri e chilometri dalle proprie abitazioni, vuol dire perdere una giornata intera, se poi consideriamo anche le lunghe code. Molti rinunciano. Spesso altri rinunciano a priori perché non possono addirittura tentare di recarsi al seggio, tanto non sono registrati nelle liste perché un qualche cavillo, o chissà cosa, hanno impedito loro di farlo per tempo. Inutile dire che spesso, chi incontra maggiori difficoltà, sono le persone appartenenti alle minoranze. Nel 2016 il segretario di Stato della Georgia e futuro governatore Brian Kemp accettò di dare seguito ad una legge locale che stabiliva di sospendere la registrazione dei cittadini alle liste elettorali se i dati non corrispondevano — esattamente — con quelli dei registri dello Stato. Un punto messo per sbaglio, un trattino di troppo, qualsiasi stupidaggine e l’aspirante elettore poteva non essere ammesso nelle liste. Inutile dire, ancora una volta, che questa procedura abbia discriminato in termini percentuali soprattutto i neri. Ci sono stati poi dei ricorsi, ma nel 2018, quando si presentò a governatore della Georgia contro Stacey Abrams, Kemp riuscì a mettere in campo lo stesso metodo. Kemp venne eletto governatore.
Da alcuni anni, a causa anche dei cambiamenti demografici che ad oggi, poi è tutto relativo, premierebbero i democratici, una delle principali strategie adottate dai repubblicani è quella di cercare un modo per evitare che tutti si rechino a votare. Una minore partecipazione, insomma, può risultare determinante in alcuni Stati. Ed è a questo aspetto che si può ricondurre la polemica sull’opportunità o meno di votare per posta a causa della pandemia. Secondo una recente inchiesta di Channel 4, nel 2016, la campagna Trump, con l’agenzia britannica Cambridge Analytica (costretta alla chiusura nel 2018 dopo le accuse di pesanti ingerenze nelle elezioni), avrebbe messo a punto una strategia online allo scopo di convincere tre milioni e mezzo di cittadini afroamericani a non votare. Come? Fornendo loro, con metodo quasi scientifico, informazioni false riguardanti, direttamente o meno, Hillary Clinton. Per il momento è ancora d’obbligo l’uso del condizionale ed è lecito avere dubbi sulla possibilità che siano state pratiche del genere a garantire davvero la vittoria a Trump. Ma che in America ci sia un problema grande con il voto e che questo problema coinvolga soprattutto gli afroamericani e le minoranze in generale, è un fatto conclamato. Non stupitevi, allora, se il vostro beniamino rapper dovesse fare qualche post su Instagram in cui incita al voto i suoi fan.
Altre cose di cui si sta parlando
Questa storia di Tory Lanez e Megan Thee Stallion è davvero brutta e inquietante. E qui ne approfittiamo per ribadire che non c’è feeling con le star canadesi, pur chiamandosi Drake o The Weeknd. Tory Lanez non fa certo eccezione.
Voi non potete saperlo, ma oggi Mookie ha rischiato di non consegnare la newsletter in tempo. Invece ce l’abbiamo fatta, meglio così. Puntata molto “politica”, ma doverosa nella settimana del primo dibattito presidenziale. Buon weekend. Divertitevi, ma siate prudenti. E soprattutto: state “sponsorizzando” Mookie in giro, vero?
A presto!