Le cose sono andate più o meno così. Diverse settimane fa — era il mese di marzo — si viene a conoscenza di uno screzio tra i due pezzi grossi dei Public Enemy, Chuck D e Flavor Flav. I Public Enemy stavano preparando un concerto in California che doveva essere di sostegno per l’allora candidato alla Casa Bianca, Bernie Sanders, ma Flavor Flav, a un certo punto, fa sapere di non aver dato alcun appoggio politico a lui né ad altri e dunque, secondo la sua versione, il senatore del Vermont non avrebbe dovuto accostare il nome del gruppo alla campagna. Allora i restanti componenti dei Public Enemy (tradotto: Chuck D) rilasciano un comunicato piuttosto scarno, poche righe per dire che Flavor Flav non è più uno di loro. «Davvero? Per la politica?», chiede Flav via social. «Macché politica, è che lui non voleva esibirsi gratis, è una questione di soldi», risponde Chuck D senza girarci troppo intorno.
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A parlarne, per qualche giorno se ne parla. Insomma: è una notizia, almeno per i vecchi tromboni della musica hip hop. Forse la vicenda non appassiona i giovani, però, ecco, stampa specializzata e giornali sono interessati all’argomento. Poi accade che il 19 giugno, per la ricorrenza del Juneteenth, i Public Enemy — tutti i Public Enemy, incluso Flavor Flav — rilasciano un brano anti-Trump, che tratta di razzismo sistemico e politica. Il brano si intitola State Of The Union, prodotto da Dj Premier, esce il video e Flavor Flav effettivamente c’è. Pochi giorni fa, il botto: in occasione dei BET Awards i Public Enemy si presentano con una versione 2020 di Fight The Power a cui partecipano Nas, Black Thought, Rapsody e YG. Anche stavolta Flavor Flav c’è, peraltro scatenato davanti alla “African-American Flag”.
Pace fatta, quindi? Difficile da stabilire, ma è doveroso un passo indietro. A inizio aprile Chuck D viene interpellato da Talib Kweli sull’accaduto e al suo interlocutore spiega che il licenziamento di Flavor Flav non era un vero licenziamento («Un socio non lo puoi licenziare, al massimo te ne allontani»), non era nemmeno una bufala, ma di sicuro è stato un modo per attirare l’attenzione. Il passaggio è fondamentale, perché nel frattempo è uscito il disco degli Enemy Radio (una sorta di “controllata” dei Public Enemy e in una traccia dell’album compare lo stesso Flav). In seguito, in due interviste distinte — una scovata su Level, l’altra su NME —, Chuck D risponde in maniera quasi criptica quando gli viene chiesto del compagno di avventure di una vita, non si capisce cioè se i due abbiano davvero chiarito. E non si capisce se da parte di Chuck D ci sia stato un reale sostegno nei confronti di Sanders, giudicato, al pari di Trump e Biden, troppo in là con gli anni per rivolgersi ai giovani.
Arriviamo così al punto più curioso di tutta la vicenda. La domanda da un milione di dollari è: chi ascolta oggi i Public Enemy, esclusi noi soliti vecchi tromboni e al di fuori delle recenti proteste di Black Lives Matter? I giovani sanno chi sono i Public Enemy? Sono consapevoli dell’importanza di dischi come It Takes A Nation Of Millions To Hold Us Back(1988)e Fear Of A Black Planet (1990)? Quegli stessi giovani che, quando vogliono apparire sofisticati, ascoltano musica di nicchia di gente come Caleb Giles o MIKE, artisti della nuova generazione di New York che, anziché a Big Daddy Kane, si ispirano a Earl Sweatshirt?
C’è da dire che i Public Enemy sono forse gli unici, tra gli esponenti della vecchissima scuola, ad avere vissuto più di una seconda giovinezza. Ci sono i “vecchi” che hanno saputo fare business e reinventarsi negli anni, facendosi apprezzare anche da un pubblico non necessariamente adulto (Dr. Dre, JAY-Z, Nas, Snoop Dogg…), poi ci sono i “collanti” tra ricambi generazionali— Kanye West e Pusha T, ad esempio — e infine tutti gli altri che adesso vanno forte, anche se molti provengono dalla trap. Nessuno della old school anni ’80 può affermare di godere oggi della stessa credibilità. Anche chi, tra questi, “ha inventato l’hip hop”, è ormai sparito dai radar. Non i Public Enemy.
Magari si detestano dopo tanti anni di attività insieme, ma né Chuck D né Flavor Flav guadagnerebbero da una separazione seppur consensuale. O forse domani ci diranno che le cose stanno proprio così (anche se sembra che a breve pubblicheranno nuovo materiale) e allora potrete tranquillamente cestinare questa newsletter, in attesa della prossima.
Per ragioni che è inutile stare a spiegare (quanti hanno ricevuto la prima newsletter conoscono già la risposta), Mookie ci ha confidato di avere avuto la lacrimuccia mentre vi consegnava la pizza. Ogni volta Fight The Power gli fa tornare alla mente il suo amico Radio Raheem, che non è più tra noi. Se siete tra i vecchi tromboni di cui tanto abbiamo parlato, a maggior ragione dovreste consigliare Off The Benches in giro.
Ci conto e a presto!