È più o meno da quando esiste che il rap viene automaticamente — da molti, non tutti — correlato alla violenza. Ci sono stati casi di testi rap discussi (e contestati) al Congresso Usa e anche noi, in Italia e in Europa, abbiamo vissuto situazioni simili. È un dibattito sempre aperto, di quelli che è difficile giungere ad una conclusione. Mica per altro, è che si è sviluppata una polarizzazione: o così o così, non si scappa. Chi dice che è finzione, una narrazione, chi invece sostiene che la violenza verbale di molti testi rap generi atti di violenza veri e propri. Una terza via, anche se strettamente legata alla prima visione, è che la violenza percepita e osservata generi piuttosto il racconto di quello che poi andremo ad ascoltare in rima. Prendiamo il primo Nas, quello del 1994, in N.Y. State Of Mind.
Rappers; I monkey flip ’em with the funky rhythm
I be kickin’, musician inflictin’ composition
Of pain, I’m like Scarface sniffin’ cocaine
Holdin’ an M16, see, with the pen I’m extreme
Now, bullet holes left in my peepholes
I’m suited up with street clothes, hand me a 9 and I’ll defeat foes
Y’all know my steelo, with or without the airplay
I keep some E&J, sittin’ bent up in the stairway
Or either on the corner bettin’ Grants with the cee-lo champs
Laughin’ at base-heads, tryna sell some broken amps
Questo pistolotto per introdurre una serie di considerazioni riportate pochi giorni fa dal New York Times. Come già saprete, voi divoratori di cose americane, nelle ultime settimane (mesi) sono tornati a crescere gli episodi di violenza, anche con armi, nelle metropoli (per chi è interessato all’argomento: da alcuni anni viene considerata piuttosto complessa la situazione di Chicago, fu anche motivo di scontro politico durante la campagna presidenziale del 2016 e c’è un sito, HeyJackass.com, che tiene il conto delle uccisioni a Chicago). Le ragioni possono ricercarsi in diverse questioni, di cui una è la più spontanea visto il periodo: le proteste, la delegittimazione della polizia e tutto il resto, fanno da detonatore e incentivano la “giustizia fai da te”, soprattutto nei quartieri più difficili. Poi ce n’è un’altra, più ostica da individuare e per questo più insidiosa: la pandemia.
Tra gli effetti collaterali del coronavirus — che dovrebbero essere messi altrettanto nel calderone di tutti i discorsi che girano attorno — anche il blocco di attività il cui scopo è migliorare le condizioni sociali dei soggetti più vulnerabili o a rischio devianza. Si sono dovuti interrompere, in molte città statunitensi, i programmi di avvicinamento al mondo del lavoro per giovani e disoccupati. Alcune delle iniziative più efficaci, cioè, per contribuire alla diminuzione degli episodi di violenza.
Non sempre, ci mancherebbe, ma è il contesto sociale in cui viviamo a plasmare le nostre esistenze. Pensiamoci, una prossima volta che ascolteremo il solito puritano dare la colpa al rap (o ai videogame o ai film, a quello che volete) per l’ennesimo caso violento. Anche perché significa screditare quella mole di rap maturo — che ormai rappresenta la maggior parte —, fatto di pensieri e riflessioni sul mondo, sul miglioramento di noi stessi, sui problemi reali da risolvere.
(Sono d’accordo con voi che nel 2020 certi temi, tipo la violenza sulle donne, non possono essere più tollerati persino nel rap, ma non è di questo che abbiamo parlato fin qui.)
Altre cose di cui si sta parlando
Che fine ha fatto Kendrick Lamar? Si era accennato di un suo disco imminente, ma non si hanno ancora notizie dettagliate in merito (oggi, intanto, per restare in “famiglia”, è uscito il nuovo di REASON, New Beginnings). Inoltre, qualche giorno fa, sono girate voci sulla possibilità che Kendrick Lamar e la TDE siano prossimi alla separazione. Questo perché Kendrick vorrebbe concentrare tutti i suoi sforzi sulla società che ha fondato, lapgLang. In realtà, in casa Top Dawg, è già arrivata la smentita, mentre noi restiamo in attesa dell’album (che è l’unica cosa che conta davvero).
Siamo ai saluti. Manca poco alle presidenziali americane e Mookie proverà nelle prossime settimane a raccontarle più accuratamente attraverso la musica hip hop. Dite che abbiamo cominciato già oggi? Vero.
A presto!